Taxi rosa, sul viale del tramonto

Appena una decina di giorni fa (vedi articolo) ci chiedavamo che riscontro avesse avuto il taxi rosa fra le donne non solo di Milano, ma anche di altre città dove l’iniziativa era stata promossa. Secondo le prospettive degli ideatori, le adesioni sarebbero dovute essere migliaia, ma nella realtà i riscontri sono stati insignificanti in termini numerici. Una iniziativa sociale trattata come un operazione di marketing, questa è il categorico giudizio riportato dall’articolo seguente.

Nella città che spegne le luci anche al Corvetto, nella città dove le donne che comandano accettano in silenzio ammiccamenti e umiliazioni, nella città dove un assessore fa il galletto a un ricevimento ufficiale, la sicurezza delle donne passava dai taxi e dalle scatolette (rosa, naturalmente). Non dalle luci accese tutta la notte nei quartieri; non da una cultura del rispetto; non dalle iniziative che portano vita. Eppure i ritrovati del Comune sono falliti.
Si possono discutere le opinioni, ma i numeri no, quelli non danno scampo. E una campagna lanciata per raggiungere mille utenti che invece in bilancio mette 76 risposte, si conclude con un giudizio tranciante: un fallimento, un gigantesco flop. Se poi si va indietro con la memoria e si ricorda un’altra iniziativa che si riprometteva di avvicinare tremila donne e invece ne ha raggiunte solo 80, beh, qualcosa vorrà pur dire, e non sono interpretazioni: la politica al femminile di Letizia Moratti, il sindaco donna di Milano, supportata dal ministro donna del governo amico, quella Mara Carfagna che sta alle Pari opportunità, è una disfatta, un fiasco clamoroso, un fallimento senza precedenti.
Uno spot, come dice Assunta Sarlo di “Usciamo dal silenzio”, una misura inventata da un ufficio marketing: “A Bolzano  –  racconta  –  i taxi rosa funzionano, ma sono stati il punto di arrivo di un discorso complessivo sul rapporto tra le donne e la città. La Regione Piemonte ha fatto, insieme alle donne, non sopra la loro testa, una guida per la sicurezza. Le donne sono dei soggetti attivi, e tali vogliono sentirsi, non delle poverette da tutelare in qualche modo”.
“Il tema della sicurezza  –  aggiunge Susanna Camusso, della Cgil  –  non può essere trasformato in una questione privata, sennò va bene anche lo spray al peperoncino. È un tema delicato, perché ammettere a se stesse di essere in pericolo è un’operazione complicata. E se comunque si voleva scegliere questa strada, bisognava investirci, andare nelle scuole, far arrivare nelle case le lettere del Comune così come ti arriva il codice fiscale, fare una campagna martellante”.
In effetti, dopo il lancio e gli slogan, tutto è stato avvolto nel silenzio, quasi che il fine fosse solo il lancio di una parola d’ordine: “Io  –  racconta Marilena Adamo, già capogruppo del Pd a Palazzo Marino  –  non ho mai visto su un taxi un cartello che spiegasse che esistono gli sconti per le donne, e forse la fascia di popolazione che ne aveva più bisogno non è stata raggiunta per niente dalle informazioni sull’iniziativa. Queste campagne estemporanee non servono a niente”.
Forse, aggiunge Francesca Zajczyk, sociologa dell’Università Bicocca, bisogna anche ripensare ai tanto sbandierati allarmi sicurezza: “Se le donne avessero davvero una così grande paura, cercherebbero di usare qualsiasi mezzo. Il fatto è che la violenza è un problema drammatico, ma colpisce più nelle case che nelle strade. Dalla metà di giugno undici donne sono state uccise, ma dai loro compagni o ex; in Italia viene ammazzata “per amore” una donna ogni tre giorni. Facile che le donne abbiano chiaro che i pericoli peggiori non vengono da fuori”.
Alessia Mosca, che è una giovane deputata del Pd, batte sui temi che le sono cari. È sua la proposta che sarà discussa in Parlamento sul congedo obbligatorio per i padri al momento della nascita di un figlio, è sua la battaglia sulle quote: “Quello che bisogna costruire  –  dice  –  è un cambiamento culturale che consenta alle donne di essere realmente autonome e uguali. È una partita che va giocata a partire dalle scuola e invece si taglia sull’educazione, si rinuncia a costruire a lungo termine. Il risultato è una città in declino, schiacciata dalle politiche fatte solo per dare pubblicità a se stessi ignorando i bisogni dei cittadini”. Già: qualcuno aveva chiesto alle donne milanesi quali fossero i loro veri bisogni?
 

[Fonte: Repubblica – Cinzia Sasso – 25/7/2010]