Charlie 61, ogni notte potrebbe essere il tuo turno… «Quando mi è successo, l’ ho capito subito. Prendo una corsa in via San Vittore e trovo due tipi, forse nomadi: uno alticcio, strano; l’ altro silenzioso, si siede alle mie spalle. Parlano un italiano sbilenco, mi dicono di andare in via Novara: "Stiamo cercando compagnia…". È una brutta zona di prostituzione. Lo sbronzo ciancica, aggressivo: "Una donna tassista, ma non hai paura? Quello che cerchiamo potresti farcelo anche tu…". Io lancio subito l’ allarme e metto il telefonino in vivavoce con un collega. Non perdo il controllo, non devo, provo a intimorirli: "Io non sono una puttana! Tenete i soldi, lasciatemi stare". Loro non mollano, uno apre il mio sportello, mi tira per un braccio, mi graffia… È la fine, penso. Fortunatamente, i due vedono arrivare altri taxi, e scappano. Ma se avessero voluto violentarmi, l’ avrebbero potuto fare. Sul taxi, nonostante tutto, sei sempre sola». Charlie 61, questo turno di notte è iniziato da un paio d’ ore e la Teresa non perde il sorriso neppure sui ricordi peggiori. Il lavoro è lavoro, questo è il suo, «e poi, come si dice, chi non nasce non rischia». Paura? Ansia? «Mah, paura mi sembra esagerato. Ho a che fare con gente di tutti i tipi, questo sì, può capitarmi lo sbandato o lo scienziato: devo stare attenta, non posso rilassarmi». Il posteggio della Stazione Centrale è pieno, meglio spostarsi. «Intanto, ho imparato a difendermi. Quella è la telecamera di bordo, registra tutto. Questo, sopra la frizione, è il pedale d’ emergenza: spedisce un Sos al radiotaxi, gira la richiesta di soccorso alle auto pubbliche più vicine e allerta le forze dell’ ordine, ché il gps segnala costantemente la mia posizione. Ho alcuni colleghi-amici che mi telefonano spesso, s’ informano: mi sento protetta. Questo, infine, è uno spray al peperoncino, ce l’ ho sempre dietro: finora, per fortuna, non l’ ho mai dovuto usare». In piazza XXV Aprile salgono marito e moglie, vanno in via Pacini 81: «Sentito cos’ è successo a quel povero tassista? Una cosa da barbari – commentano -. Ma l’ omertà del quartiere, non credevamo: siamo alla bassa manovalanza mafiosa». Charlie 61 annuisce. Teresa V. 47 anni, due figli di 25 e 22 anni, Maurizio ed Eleonora, un divorzio, un appartamento in affitto e la licenza presa con un mutuo nove anni fa e ancora non è finita. «Lavoravo come custode in un bel palazzo borghese, ma che futuro avrebbero avuto i miei figli? Ho investito sul taxi, ho comprato un lavoro per la mia famiglia». Charlie 61, numero 4.268, radiotaxi 6969. Nel giro è la Teresa, con l’ articolo davanti, alla milanese, per lei che è arrivata da Canosa di Puglia, un giorno, e Milano le ha dato il resto: «Amo questa città». La vive di notte, sulle strade: «La sento mia, è più bella». Turno 20: dalle otto di sera alla sei del mattino. È una scelta. La figlia Eleonora è la sua «seconda guida»: attacca all’ alba, si danno il cambio a colazione. Una Skoda Octavia per due. Sono poco meno di 200 le donne tassiste di Milano su una flotta di 5 mila vetture. Solo tre hanno scelto i turni 20 e 21, i più duri: Antonietta, Francesca e la Teresa. «Di notte ci conosciamo tutti, c’ è più solidarietà. Il buio? I pericoli? Evito le periferie isolate e se un cliente non mi convince, tiro dritto. La polizia, bisogna dirlo, gira, è sempre disponibile: dà sicurezza. Per il resto, faccio l’ autista, la psicologa e la sociologa: ho caricato fidanzati in lacrime, donne spaurite, coppie in cerca di club privé. L’ altra settimana un ragazzino mi ha vomitato in macchina: adesso tengo i kleenex e i sacchetti, non si sa mai». Le notti più buie sono nel fine settimana, venerdì e sabato: «Vedo da vicino l’ autodistruzione dei giovani. Li raccolgo fuori dalle discoteche che hanno bevuto, fumato o pippato cocaina. Sono stracciati, fragili. Fanno pena». Da piazza Beccaria a via Macedonio Melloni fanno 12,10 euro. Dall’ aeroporto di Linate a via De Santis altri 23. La corsa piazza Duomo-Repubblica è breve: 7,80 euro. La notte arranca tra le attese d’ un cliente (anche tre quarti d’ ora), le confessioni di un consulente finanziario (la figlia di 8 mesi vive ad Asti), un confronto su musica e download illegale con un dirigente Fimi (atterrato da Londra in ritardo), il caffè con il collega Pinuccio al chiosco di piazzale Cantore, la coda fuori dal «The Club» (a una ragazza hanno rubato le chiavi di casa e auto), un ristorante, un viaggio alla Barona, l’ anonimato di piazza Miani, una pizza alla diavola al capolinea San Donato del metrò (20 minuti di pausa, ormai sono le 4). Poi, quasi più nulla fino all’ alba. L’ incasso: poco più di 100 euro. «I pregiudizi sulle donne li senti. C’ è chi non vuole salire, chi non si fida. Anche i colleghi sanno essere infami – si sfoga Teresa -. Ma quello che più fa male è la cattiva opinione dei milanesi: ti insultano, nel traffico, sei il bersaglio di ansie e frustrazioni. Il tuo lavoro sembra giustificare la loro maleducazione». C’ è questa «brutta fama», anche, forse, dietro il pestaggio di Luca Massari? «Io sono una madre di famiglia, un’ artigiana, una lavoratrice seria. Chiedo solo rispetto per il mio lavoro». Charlie 61, il turno è finito. Alcuni clienti hanno lasciato la mancia, sono stati gentili. È il tuo lavoro, la notte. Te lo riconoscono.
Fonte. Corriere della sera – Armando Stella – 14/10/2010
Visto chi ha scritto l’articolo? Forse qualcosa inizia a cambiare… Lui che riporta in un articolo che c’è una “brutta fama” (che si sottointende immeritata), è un avvenimento. Purtroppo perché fosse capito c’è voluto un fatto gravissimo. Vedremo, in futuro, se la memoria sarà più di un battito d’ali.
spiace deluderti ma è solo un omonimo del famigerato Gian Antonio Stella
Lucone, mi dispiace contraddirti, ma insieme all’articolo, il Sig Armando Stella pubblica una foto del nostro pulsante d’allarme( microtek quindi di un mare di radiotaxi in tutta europa) spiegando perfettamente l’uso, la posizione ecc.
Non sò se mi spiego il livello di demenza dilagante.
Stefano Magatti
Ma la Teresa avrà fornito il consenso per pubblicare sigla e numero civico? Teresa se ci leggi sappici dire il tuo parere.
Ritengo che la collega Teresa poteva evitare di entrare nei particolari e sopratutto l’esatta posizione del pedale dell’allarme.
Effettivamente anche il giornalista poteva dimostrare un barlume di intelligenza evitando certi particolari. Cosa interessa alla gento dov’è l’allarme? Perchè non fa anche un servizio su dove mettono le telecamere e gli allarmi nelle banche e gioiellerie?
Malissimo che nell’edizione cartacea ci siano le foto (ho letto l’articolo solo online): è un fatto grave. Quanto alla confusione del nome, beh, ho visto commentando a caldo, quello che il mio cuore sperava: il lavoro che tutti i colleghi che si occupano (nei sindacati e non) di comunicazione nel far capire ad alcuni giornalisti quanto possa avere gravi conseguenze lo scrivere alcuni articoli pieni di veleno, è grande. Comunque, è la prima volta che un giornalista fa “passare”, sia pure in modo velato, il messaggio che la sua categoria possa avere una qualche responsabilità. “C’ è questa «brutta fama», anche, forse, dietro il pestaggio di Luca Massari?”: e chi altro l’ha costruita questa brutta fama? Speriamo che gente come Rizzo si stia ponendo delle domande.
Dubito che i delinquenti leggano il Corriere per prepararsi ad una rapina o valutino dal nr di turno quante ore di lavoro alle spalle ha il tassista e di conseguenza quanti contanti ha nel portafogli. Vediamo il problema che sollevate da un altro punto di vista: Dal Corriere il delinquente apprende che in taxi ci sono dispositivi di controllo e sicurezza? Forse ci pensa su prima di agire. Quanti saranno i tassisti dotati di tali sistemi? 100, 1000, tutti quanti? Lasciamogli pure il beneficio del dubbio, forse cambierà idea. Se qualcuno vede e valuta la cosa da un altro punto di vista, si faccia avanti e non tema il confronto. Dalle idee nascono altre idee
Ci sono, secondo me, alcune buone ragioni per valutare positivamente l’articolo, e non solo quelle che ho espresso nel commento 7. Positivo, secondo me, è che venga dato risalto al fatto che i taxi siano dotati di videosorveglianza (ancora di più domani, spero, grazie lalla riapertura del bando). Positivo è che sia stato dato risalto a valori normali di incasso, non certo affini a quelli fantascientifici apparsi su un settimanale tempo addietro, in cui si raccontava della giornata passata accanto ad un “fantomatico” collega, mentre qui la collega ha nome e volto. Estremamente negativo è, a mio giudizio, spiegare DOVE i sistemi siano collocati; so che chi lo deve sapere in genere lo sa, ma se hanno pubblicato le foto (non ho letto la versione cartacea), è un aiuto. Manca solo che dicano, con foto, dove le telecamere si trovino (se non l’han fatto). Poi, già che se ne parla, secondo me, c’è da valutare le caratteristiche dei sistemi di sicurezza: non sono tutti uguali, né come efficacia, né come deterrente.