Ogni riferimento a quanto è accaduto recentemente è decisamente voluto. Una vita umana stroncata da un assassinio lascia effetti collaterali inguaribili, venendo a mancare , oltre che l’affetto terreno, anche il supporto economico che nella maggior parte dei casi costituisce l’elemento base delle famiglie, per pianificare il futuro. E’ il caso della vedova di Walter De Cecco, un collega morto a soli 32 anni, assassinato la notte del 24 gennaio 1988 a Milano nella zona di Affori. Ad una richiesta di indennizzo, l’ Inail non riconobbe l’infortunio sul lavoro; a seguito di un ricorso il tribunale diede ragione alla vedova: "e’ un infortunio sul lavoro come gli altri ".
L’ uccisione in servizio di un tassista deve essere considerata alla stregua di un infortunio sul lavoro e come tale pagata dall’ Inail. L’ importante principio e’ stato sancito dal tribunale civile (presidente Giorgio Mannacio, giudici Ezio Siniscalchi e Paola Accardo) che, confermando la sentenza emessa a suo tempo dal pretore, ha dato ragione alla vedova di Walter De Cecco , il conducente d’ auto pubblica di 32 anni assassinato a colpi di pistola la notte del 24 gennaio ‘ 88 nella zona di Affori. La donna, Emanuela Lucca, assistita dall’ avvocato Vincenza Bavaro, si era costituita in giudizio, in proprio e quale esercente la patria potesta’ sul figlio minore Riccardo, in quanto l’ istituto che assicura contro gli incidenti sul lavoro aveva affermato in linea di diritto che "l’ aggressione subita dal tassista e l’ esplosione dei colpi d’ arma da fuoco non presentavano quel nesso necessario tra attivita’ e infortunio che caratterizza un certo fatto come "infortunio sul lavoro" ". Insomma, un dotto giro di parole per ribadire che l’ istituto non aveva alcuna intenzione di rimborsare i parenti della vittima. Completamente diverso, invece, il parere dei giudici. Nella sentenza, rilevato che "e’ da escludersi che il De Cecco sia stato ucciso perche’ direttamente o indirettamente coinvolto egli stesso in attivita’ illecite", si afferma, tra l’ altro, che "il tassista, per il tempo anche notturno in cui lavora, puo’ essere oggetto diretto di azioni delittuose. Egli e’ portatore di piu’ o meno cospicue somme di denaro che, in periodi violenti come gli attuali, rappresentano un incentivo allo scatenarsi della violenza. Tutti questi rischi sono legati all’ attivita’ lavorativa svolta, alle sue modalita’ che rendono spesso insicura la posizione del conducente stesso (trasporto in luoghi solitari, bui, contigui a zone malfamate eccetera). L’ aggressione violenta, le ferite e l’ omicidio . prosegue il documento . sono dunque eventi che si presentano connessi col lavoro; le relative conseguenze si verificano in "occasione del lavoro". Da qui la condanna dell’ Istituto nazionale infortuni sul lavoro per il riconoscimento di una rendita vitalizia alla vedova del tassista assassinato. La sentenza e’ destinata a fare testo in tutti quei casi gravi di violenza fisica di cui possono rimanere vittime gli operatori di altri servizi pubblici, ad esempio i conducenti di tram e di bus, spesso esposti ad aggressioni e attentati in particolare in questi ultimi tempi, le cui conseguenze possono quindi a pieno titolo ricadere nella categoria degli infortuni sul lavoro.Walter De Cecco venne ucciso in via Sestini, attorno alle 22, con due colpi di rivoltella. Ad ammazzarlo sarebbe stato un tossicomane che, secondo la ricostruzione, aveva perso la testa di fronte alla decisa reazione del tassista che non voleva farsi rapinare. L’ assassino, pero’ , non e’ mai stato rintracciato.
Fonte: Corriere dell sera archivio storico – A Solazzo – 10/4/1993