Neri e ispanici sono un rischio da cui i taxisti devono difendersi.
Una dichiarazione razzista che si basa su generalizzazioni odiose che vanno respinte nel modo più deciso? Sembra proprio di no visto che ad esprimersi a favore del –racial profiling– a bordo delle autopubbliche è stato nientemeno che Fernando Mateo, capo del sindacato dei taxisti di New York (foto): "Non me ne frega niente se si tratta di una classificazione basata sull’appartenenza razziale. A volte il –racial profiling– è una buona cosa perchè la verità è che il 99 percento di coloro che rubano, rapinano o uccidono i taxisti sono neri o ispanici”.
“Sapete cosa vi dico? Se un taxista nota qualcosa di sospetto nell’atteggiamento di un passeggero fa bene a tirare via dritto”.
Verrebbe da pensare che a una dichiarazione del genere abbia fatto seguito un pandemonio di proteste e la richiesta che Mateo faccia marcia indietro. Ma lui non accenna a rimangiarsi le parole. “Chiaramente lo sanno tutti che non sono razzista perchè io sono ispanico e mio padre è nero. Infatti mia papà è ancora più scuro del reverendo Al Sharpton”, ha aggiunto il capo del sindacato dei taxi facendo riferimento al noto attivista newyorkese per i diritti civili.
Il direttore del Taxi and Limousine Commission, l’ente che sovraintende le autopubbliche, respinge le posizioni di Fernando Mateo, affermando che sono “semplicemente inaccettabili”. “E’ illegale decidere se prendere a bordo un passeggero oppure no solo sulla base della razza. E’ sbagliato e inaccettabile”, ha detto David Yassky.
Eppure Mateo ha già trovato alleati. Per esempio il fondatore dei Guardian Angels, gruppo newyorkese di attivisti anti-crimine, ha applaudito la franchezza delle sue parole. “Chi è in disaccordo con Meteo”, ha detto Curtis Silwa, “è semplicemente un ingenuo o una persona che non guarda in faccia la realtà”.
Si riferiva a Trevor Bell, taxista di cinquantatre anni, gravemente ferito ucciso a South Ozone Park, nel Queens, da un passeggero ispanico che voleva rapinarlo. La videocamera di sicurezza (vedi video sotto) l’ha ripreso mentre punta una pistola contro Bell e gli ordina di dargli i soldi. Si riferiva anche a Jaroslaw Bielawsky assassinato nel Queens da due passeggeri neri, il trentaduenne Gregory Johnson e il ventiduenne Auther Lattan. O forse si riferiva al quarantaduenne Pena Segura, fatto fuori dall’ispanico Benny Delgado a bordo del suo taxi. Tanto per citare casi recenti di taxisti uccisi violentemente durante il turno di servizio.
"Non dubito che spesso sono neri e ispanici coinvolti in assalti violenti o addirittura mortali. Ma il -racial profiling- mi mette in difficoltà. Ricorderò sempre infatti la volta che presi un taxi col mio amico Jonathan Capehart, giornalista nero. Eravamo all’angolo della Trentatreesima Street e la Decima Avenue. Il sempre elegante Jonathan – impeccabile in giacca e cravatta – chiese a me di alzare la mano per indicare che volevamo un taxi “Se ci provo io passerà parecchio tempo prima che si fermi qualcuno”.
fonte: visconti.blogautore.espresso.repubblica.it 7/12/2010
Forse abbiamo bisogno anche noi di un sindacato con gli attributi? E’ da tempo che si vedono (anzi si leggono sui manifesti) parole… parole… parole…
Certo da noi la multirazialità non è come negli USA o in altri paesi europei, ma sfido chiunque collega a cui salgono a bordo stranieri con facce poco raccomandabili a stare tranquillo. Personalmente sono stato fregato (non mi hanno pagato la corsa) clienti italiani, non dimentichiamo che il collega Luca è stato picchiato anche li da italiani.
E’ un rischio d’impresa?? Più controlli e pene giuste per chi delinque sarebbero meglio di come ci ricorda Zio Taxi “parole…parole…parole”
ai nostri sindacati non mancano le palle, sono solo nel posto sbagliato.
Da noi i sindacati veri non esistono quelli che ci sono servono solo per farci la dichiaraz.dei redditi
E non sono ancora abbstanza. Chi ha orecchie…