…Se davvero il nostro ceto politico è convinto che sia possibile mettere in cantiere, oggi, una serie di riforme per riavviare la crescita, sarebbe bene alternare, unire terapie shock e omeopatia, grandi svolte e piccoli passi. L’esperienza degli ultimi quindici anni ci insegna che in Italia le grandi riforme deragliano perché troppo ambiziose: è difficile costruire consenso politico, senza avvitarsi in compromessi che le snaturano. Al contrario, le piccole riforme inciampano sui veti dei gruppi d’interesse. Se mai la politica dimostrasse di saper dribblare le pressioni corporative, allora forse si potrebbe tornare a prenderla sul serio – anche quando progetta cambiamenti epocali.
Sono molte le piccole cose su cui si potrebbe fare la differenza – da una revisione delle norme sulla sicurezza sul lavoro per “piccoli” e mondo dei servizi, a un congelamento della controversa controriforma forense. Parlando di una “frustata” per l’economia italiana, il premier ha fatto riferimento all’esperienza da ministro dell’industria dell’attuale leader del Pd. Com’è noto, il Bersani ministro dell’industria non riuscì invece a porre mano ad un ampliamento dell’offerta di taxi – e venne anzi travolto dalla categoria e da un manipolo di politici che se ne assunsero la rappresentanza, primo fra tutti l’attuale sindaco di Roma Alemanno. Proprio una delibera dell’Assemblea capitolina (il nuovo, altisonante nome del Consiglio comunale di Roma) è stata segnalata la scorsa settimana dall’Antitrust in quanto «volta esclusivamente a mantenere rendite di posizione». Infatti, essa, per attuare la riforma del sistema tariffario avviata con un regolamento comunale del luglio scorso, individua tra i criteri di valutazione della congruità degli aumenti tariffari «il rapporto domanda e offerta a seguito dell’ampliamento dell’organico con rilascio di nuove licenze». L’Assemblea capitolina, erede spirituale dell’antico Senato romano, con piglio imperiale riscrive le leggi dell’economia: se aumenta l’offerta, che i prezzi aumentino, anziché diminuire. Visto che parliamo di prezzi determinati dalla politica e non dalla negoziazione fra parti, è chiaro che l’idea è quella di ratificare uno "scambio" con la categoria dei tassinari, vincolando l’aumento delle auto bianche circolanti alla "compensazione" dell’aumento tariffario. Si assume che a una maggiore concorrenza debbano per forza corrispondere inferiori ricavi per tassista – ignorando la possibilità che un’offerta più abbondante contribuisca a irrobustire la domanda. Ma non sono i minori ricavi ciò che andrebbe compensato. Il grande argomento della categoria contro la liberalizzazione è la diminuzione di valore della licenza, di norma acquistata a caro prezzo e considerata in prospettiva una sorta di "liquidazione". Soprattutto per coloro che ne hanno acquisita una di recente, l’argomento è sensato. Se questo è il problema, però, meglio sarebbe tornare a una proposta che come Istituto Bruno Leoni avevamo avanzato alcuni anni fa (riprendendo un’idea di Franco Romani): ampliare l’offerta regalando una licenza, liberamente alienabile, a chi già ne avesse una. In questo modo, ai tassisti sarebbe stata lasciata virtualmente la possibilità di controllare l’offerta (la corporazione potrebbe "bloccare" l’aumento della concorrenza, se tutti compattamente si tenessero la seconda licenza in cassaforte), ma probabilmente un beneficio immediato (la vendita della seconda licenza, o il suo utilizzo da parte di un familiare) verrebbe preferito a uno lontano nel tempo e comunque incerto (la tenuta del valore della prima licenza). È agli atti una proposta dell’allora presidente della commissione Attività Produttive della Camera, Daniele Capezzone, per rendere possibile questo "scambio". Perché non si fece nulla? Probabilmente perché la proposta implicava la rinuncia dei Comuni a qualsiasi guadagno potenziale per le nuove licenze emesse. Decida il lettore se sono più dannosi i veti delle corporazioni, o l’avidità delle amministrazioni
Fonte: Il Sole 24 ore – A.Mingardi – 05/02/2011
Foto: Tassisti in attesa di ricevere… la licenza
Io dove sono? Non mi vedo.
Premesso che politicamente la sinistra è quanto di più lontano dal mio pensiero.
Questa è la proposta che aveva fatto nel 2007 l’odiato Bersani.Bene, era molto meglio di quello che poi le associazioni (Bittarelli)avrebbero accettato e che conosciamo tutti.
Adesso ritorna la questione, ma proposta dal Berlusca.
Non commento,sarei troppo volgare!
Gira che ti rigira, LIBERALIZZARE E’ L’IMPERATIVO perchè è quello che sostengono i tromboni dell’economia, nonchè fautori del liberalismo. Non c’è parte politica che si sottragga al dogma degli economisti (potrebbero essere ottimi alleati). Meglio ancora se costoro sono anche imprenditori anzichè solo accademici (sarebbero i migliori alleati)… e non proseguo perchè sarei volgare pure io.