Il trasferimento della licenza di taxi si configura alla stregua di una cessione d’azienda e, pertanto, se il contribuente omette di dichiarare la plusvalenza realizzata, l’Ufficio è legittimato ad accertarla con procedimento induttivo. Lo ha stabilito la C.T. Reg. di Roma, con la sentenza n. 234/29/11 del 20 luglio 2011.
Un contribuente aveva trasferito la propria licenza per l’esercizio del servizio di taxi ad altro soggetto dotato degli specifici requisiti previsti, così come stabilito dall’art. 9 della L. 21/1992 (recante la legge quadro per il trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea). A fronte di tale trasferimento, il contribuente aveva percepito un corrispettivo, che aveva dato luogo ad una plusvalenza da questi non dichiarata.
L’Ufficio, per ricostruire il valore di cessione della licenza, che è influenzato da una molteplicità di fattori, tra cui ovviamente la città di utilizzo, si era affidato ai risultati di un’indagine condotta da un’Università italiana ed a una serie di dati provenienti dall’Agenzia per il controllo e la qualità dei servizi pubblici comunali. Sulla base di tali informazioni, l’Amministrazione finanziaria aveva accertato induttivamente, ai sensi dell’art. 39 del DPR 600/1973, una plusvalenza non dichiarata pari a 120.000 euro, derivante, appunto, dalla cessione della licenza di taxi in oggetto.
Il contribuente proponeva ricorso alla C.T. Prov., che lo accoglieva. La decisione veniva appellata dall’Agenzia delle Entrate, che ribadiva la correttezza del suo operato. Il tassista, a sua volta, controdeduceva che l’atto impositivo si fondava su una presunzione priva dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dalla normativa per la rettifica in oggetto (il riferimento evidentemente è all’accertamento analitico-induttivo di cui all’art. 39, comma 1, lettera d) del DPR 600/1973).
I giudici regionali hanno osservato, innanzitutto, che, come si desume da altre sentenze dalla stessa Commissione (cfr. sentenza n. 134 del 12 aprile 2010), il trasferimento della licenza di taxi deve considerarsi alla stessa stregua di una vera e propria cessione d’azienda, che impone, pertanto, al cedente di presentare la dichiarazione dei redditi, esponendo come reddito il valore della plusvalenza conseguita con il predetto trasferimento.
Le plusvalenze realizzate concorrono alla formazione del reddito
L’art. 86, comma 2 del TUIR stabilisce, infatti, che concorrono alla formazione del reddito anche le plusvalenze delle aziende, compreso il valore di avviamento, realizzate unitariamente mediante cessione a titolo oneroso; la plusvalenza è costituita dalla differenza fra il corrispettivo, al netto degli oneri accessori di diretta imputazione, e il costo non ammortizzato. Il successivo comma 4 prevede, poi, che tali plusvalenze concorrono a formare il reddito, per l’intero ammontare nell’esercizio in cui sono state realizzate ovvero, a certe condizioni e su specifica opzione del contribuente, in quote costanti nell’esercizio stesso e nei successivi, ma non oltre il quarto; la predetta scelta deve risultare dalla dichiarazione dei redditi, e se questa non è presentata, la plusvalenza concorre a formare il reddito per l’intero ammontare nell’esercizio in cui è stata realizzata.
Il tassista, quindi, avrebbe dovuto presentare la dichiarazione, indicando la plusvalenza derivante dal trasferimento di licenza. Avendo omesso tale dichiarazione, secondo la C.T. Reg., risultava quindi legittimo l’accertamento dell’Ufficio predisposto sulla base dei dati dell’indagine universitaria, nonché delle notizie inviate dall’Agenzia per il controllo e la qualità dei servizi pubblici comunali. Il collegio ha stabilito, infatti, che, in ipotesi di omessa dichiarazione della plusvalenza conseguita con la cessione d’azienda, l’Ufficio è legittimato a procedere all’accertamento induttivo “puro”, avvalendosi di dati e notizie comunque raccolti e utilizzando anche presunzioni semplici non qualificate (ex artt. 39, comma 2, e 41, comma 2 del DPR 600/1973).
fonte: eutekne.info 1/09/2011
Quindi lo Stato mi dà il diritto di possedere qualcosa che ho acquistato e ne ha riconosciuto il valore, tanto è vero che ci pago le tasse all’acquisto e poi alla vendita.
Non vedo con quale diritto lo stesso Stato mi possa togliere il valore del bene acquistato. Forse nella Repubblica delle Banane sarebbe possibile, in Italia no.
veramente!!!totalmente in linea con ZioTaxi…..Leonardo,Marco,spiegatemi questo concetto….ma come mai nn viene riconosciuto l’acquisto di una licenza,sul contratto trovi scritto che il sign. Rossi CEDE!!al signor Verdi la licenza n….e poi quando vai a rivenderla pretendono il 23%del guadagno???io penso che sia proprio questo il nodo cruciale,una volta per tutte devono riconoscere l’investimento fattto!!!!che ne pensate?
frataxi » Il problema è che ti potrebbero rispondere che hai accettato il rischio (il famoso rischio d’impresa) e ti attacci al… tram. Ma questa è un’altra questione che affronteremo passata la buriana. Tutti i nodi verranno al pettine, dopo ci toglieremo anche i sassolini dalla scarpa oltre che i nodi dei capelli. Parola di Giovane Marmotta.
Ragasss, noi la licenza non la possediamo, è sempre del comune che la rilascia e il rischio di impresa non è proprio questo, l’imprenditore rischia in altro modo durante l’attività quotidiana. Chesso’ ad esempio acquistando materiali ad un prezzo ipotizzando che domani saliranno oppure concedendo a clienti pagamenti dilazionati nel tempo o assumendosi clausole vessatorie tipo penali per ritardate consegne in contratti di fornitura.
Quello che si acquista non è la licenza ma se vogliamo è quello che un tempo veniva chiamato “avviamento dell’attività” (ovviamente questo è un escamotage) e che oggi ad esempio per un negoziante che esce da un locale per cessata attività (anche se ne è solo l’affittuario e non il proprietario dei muri) è la cosiddetta buonauscita .
La licenza non è un bene e lo dimostra il fatto che se avete fatto un mutuo per acquistarla ,la banca non la accetta come garanzia come invece viene (veniva) fatto con l’acquisto di una casa.
Sul fatto poi che lo stato ci prenda dei soldi sulla plusvalenza e che quindi riconosca che la licenza ha un valore e che quel valore non puo’ essere dichiarato ” a caso” , beh io ho sempre pensato che la cosa potrebbe dare spunti interessanti a giuristi preparati.
Nel frattempo incrocio le orecchie.
E’ giusto !
Leggete la “Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea” del 18/12/2000 art. 17
http://www.europarl.europa.eu/charter/pdf/text_it.pdf
Se liberalizzi mi espropri un bene che deve essere risarcito.
Teniamolo SEMPRE presente.
piu’ che sassolini……MACIGNI!
Davide » Mi permetta di dissentire esimio collega. Secondo il vademecum del perfetto Avvocato Avventizio (se permetti con le liberalizzazioni mi auto promuovo tale):
http://it.wikipedia.org/wiki/Bene_%28economia%29 “Si dicono economici quei beni ottenibili mediante l’attività umana o disponibili in quantità limitata. Per alcuni economisti i beni fruibili in quantità illimitata non sarebbero beni, perché sono fruibili senza alcun sforzo.”,
quindi questo bene immateriale che è la nostra salvacondotta per una vita incerta è un bene fino a quando un Legislatore non decide di non limitarlo più. Tocco ferro.
a questo punto potrebbero decidere di risarcire tutti quelli che hanno preso la licenza facendo l’atto e quindi possono dimostrare di averla pagata ( praticamente quelli che l’hanno presa dal 2004 in poi?)
Spettabilissssimo ed illustrissimo collega io invece sono avventizio sul taxi quindi….
Nel contenuto concordo pienamente la licenza è il nostro TFR ma nella forma è se non altro un bene sui generis.
Quindi se le nostre licenze dovessero non valere più niente andremmo a credito di tasse per un bel denennio!
esimi e stimati colleghi,il vulnus della licenza,a mio modesto parere,non ruota tanto sul fatto che sia 1 bene limitato equindi,come giustamente rimarcato dal principe del foro marco,coperto da 1 determinato valore economico,ma sulla REALE propieta’ all’atto dell’emissione del bene,nel siffatto caso domestico,comune di milano,che demanda a terzi,noi,lo svolgimento del servizio per cui tale licenza e’ stata rilasciata, l’operatore e’ autorizzato ad esercitare per nome e per conto del comune che ha rilasciato tale licenza ed e’ proprio su questo imperdonabile e secondo me voluto,vuoto legislativo che,per tornare con i piedi per terra,CIURLANO IL MANICO!
vorrei pregarvi di leggere quanto riportato dal sito di assodemoscop e se possibile avere una vostra opinione.come sempre grazie a leonardo e marco.un vostro collega romano
sandro » Conosciamo il sito di assodemoscoop e lo visitiamo regolarmente. Circa la ns opinione, probabilmente ti riferisci alle news sulle liberalizzazioni: è importante proseguire con la strategia del dialogo mantenendo nel miglior modo possibile l’unità delle forze sindacali, fintanto che il governo sarà disponibile al dialogo, altrimenti dovremo impegnarci su altri fronti.
Non commento. Proprio oggi ho sentito che martedì qualcuno se ne è andato via dall’incontro dei sindacati piuttosto contrariato. Data la grinta dei personaggi in questione mi astengo da commenti, ma penso (in cuor mio) che qualche ragione ce l’avessero.
aries alias andrea » dipende con quale sistema lo misuri: quello del peso delle parole o quello metrico decimale? 😉
aries>> Per questa volta il consiglio degli Anziani Saggi preposto dall’ultradecano Leo, ti grazia imponendoti la cosparsione del capo con olio frusto.
niente cilicio?
Ultradecano suona un po’ come rincoglionito! occhio che vi frusto (non con l’olio)!! I sadomaso sono pregati di stare alla larga.
che noia che barba che barba che noia…..hahahahaha!
aries alias andrea » Chi è che disse “fermate il mondo voglio scendere” ?
calindri nella pubblicita’ di cynar?
due anziani,ma in servizio nell’ufficio registro delle entrate di via B**** a Milano assicurarono che una licenza non ha alcun valore e che era tassata l’attivita’.Il valòre di una attivita’ è basata sul reddito dell’impresa che è ben lontano da quanto è stimata sul mercato e pertanto dovrebbe essere considerata non alla tassazione del reddito al 23%, ma al 12.5o% come i capitali finanziari.