In risposta all’articolo di La Repubblica pubblichiamo la risposta di Unica Taxi Milano. Per evitare commenti polemici non consentiamo (come sempre ai comunicati sindacali) commenti e vi rimandiamo al sito.
Partiamo dal supposto colpo di mano della maggioranza citato nell’articolo: se l’imbelle estensore dell’anonimo articolo si fosse degnato di leggere la manovra, si sarebbe accorto che l’emendamento che ribadiva la legge 59/10 era a firma di senatori di maggioranza e opposizione. Questo consenso bipartisan testimonia il fatto che si è dovuti ricorrere ad una modifica della totale liberalizzazione (“sia pur timida” la definisce eufemisticamente l’anonimo), visto che anche la Bolkestein (nella sua furia liberalizzatrice), salva alcune categorie, citando fra queste espressamente i taxi per il ruolo di servizio pubblico. La stessa superficialità si rileva nell’affermazione che il settore taxi in Italia sia “poco concorrenziale rispetto agli altri Paesi industrializzati”. Con buona pace dell’ignoranza, facciamo presente che questo, semplicemente non è vero. Per informazione dell’anonimo redattore le licenze a New York, hanno appena raggiunto la cifra di un milione di dollari. Nella maggior parte dei “paesi industrializzati” (magnifica espressione desueta, complimenti) le licenze sono contingentate e dove si è tentata una liberalizzazione, si sono creati problemi in particolare per l’utenza.
Le falsità continuano poi con l’affermazione che “i Comuni hanno le armi spuntate e difficilmente potranno emettere nuove licenze per rafforzare il servizio”. I comuni possono emettere le licenze che ritengono necessarie e continuano a farlo anche a titolo oneroso: In numerose città, a partire da Bologna, sono state emesse recentemente a pagamento delle licenze taxi utilizzando la 248/06.
Liberalizzare le licenze non consentirebbe la vendita di licenze da parte dello stato e comporterebbe la perdita dell’imposta sulle compravendite delle licenze così come sottolineato dai tecnici del senato nei documenti preparatori del dl 138. Un insieme di falsità di questo genere però è troppo evidente, un redattore non può essere così disinformato. La domanda che ci si pone è quindi: a chi serve un articolo del genere? Si vuole dimostrare che il liberismo è la via da seguire anche quando è sotto agli occhi di tutti il fallimento del modello?
Speriamo che il redattore capo della sezione economia di Repubblica si degni di rispondere.