Li hanno già messi in croce tutti. Le «lobby» contro le liberalizzazioni di Mario Monti. Lui è il mago buono, che con un sorriso (così scrivono i giornaloni italiani) in cinque minuti ha convinto tutti i big di Wall Street a investire in Italia. E quindi se Monti ha varato un decreto legge sulle liberalizzazioni e dice che grazie a quello il Pil crescerà del 10%, guai a chi glielo tocca. Loro- le lobby- questa volta sono ancora più delle altre i cattivi per antonomasia. Non bisognava ascoltarle prima di varare le norme che riguardavano la loro vita, perché naturalmente nessun condannato a morte infila volontariamente la testa nel cappio. Non bisogna ascoltarli dopo, perché altrimenti quelli chiedono di cambiare una virgola e va a finire che per colpa loro il Pil non cresce del 10 per cento. Criminalizzati loro, ora finiscono nel mirino anche i parlamentari che li hanno ascoltati e hanno condiviso le loro considerazioni facendole diventare emendamenti.
Invece in queste settimane è accaduta una cosa in qualche modo straordinaria, quasi un unicum. Le lobby interessate al decreto legge non si sono nascoste come al solito. Sono venute allo scoperto. Monti non li ha sentiti? Loro si sono fatte sentire in parlamento. Non hanno allungato l’emendamentino al parlamentare amico di turno in silenzio. Hanno inviato le loro considerazioni e le proposte di modifica anche normative mettendoci la propria firma. Hanno fatto quel che assai più del decreto liberalizzazioni rende l’Italia finalmente un paese normale e moderno. Poi si possono naturalmente condividere o meno quelle richieste. Molte però sembrano ragionevoli, segnalano errori marchiani del legislatore, propongono modifiche che migliorano e perfino rendono più evidente l’efficacia liberalizzatrice. Le abbiamo sintetizzate (ce ne sono anche altre) in questa pagina, scoprendo che alla fine proprio la categoria più crocifissa in questa vicenda – quella dei tassisti – sembra essere la più ragionevole. Non ascoltare ora i loro suggerimenti sarebbe stolto, e usare di fronte a questo la bandiera ideologica delle liberalizzazioni ancora peggio. Leggete, e in qualche caso modificate una legge fatta male e scritta un po’ in fretta. Ne avremo vantaggio tutti.
Le richieste delle lobby:
1. FIPE (Federazione italiana pubblici esercizi)
Segnalano un problema che riguarda le aree di servizio della rete autostradale e stradale. Nel 2011 erano state liberalizzate già le attività commerciali, stabilendo che chi aveva concessioni «oil» per fornire benzina poteva gestire in proprio altre attività commerciali (bar, ristorazione, tabacchi, etc…) o affidarne ad altri la gestione. Il decreto Monti cancella questo inciso, e quindi stringe la concorrenza in senso monopolistico non permettendo ad altri di gestire attività non oil. «questa conclusione», sostiene Fipe, «darebbe luogo a una incostituzionale limitazione del diritto di proprietà e di iniziativa economica». Seconda osservazione: «l’idea di allargare la facoltà dei gestori di impianti oil di svolgere attività commerciali» viene presentata come premessa a sconti sul carburante. Per Fipe «nessuna analisi economica induce a ritenerlo probabile», quindi «la riforma ha piuttosto le caratteristiche di una misura di politica industriale volta a tutelare una determinata categoria di operatori economici, per finalità di carattere redistributivo». L’idea di spostare fatturato da Autogrill, Chef Express, Fini, Ristop, My Chef etc a Esso, Eni, Total, Shell etc avrebbe poco a che fare con le liberalizzazioni. Gli emendamenti proposti provano a salvare almeno i rapporti contrattuali instaurati alla data del 31 gennaio 2012, affidando le procedure di concessioni a regole della Autorità dei trasporti in costituzione.
2. AIDC (Dottori commercialisti ed esperti contabili)
Il pacchetto emendamenti proposto riguarda tariffe, compensi e tirocinio dei professionisti. Si chiede che restino le tariffe interne intese come prezzi raccomandati, utili però per le prestazioni nei confronti della pubblica amministrazione e delle autorità giudicanti. In ogni caso si chiede di abolire l’illecito disciplinare sui compensi, che discriminerebbe i commercialisti iscritti a un ordine dai lavoratori autonomi che fanno la stessa prestazione senza rischiare nulla. Terza richiesta, si chiede di rendere flessibile il tirocinio che il decreto Monti fissa in 18 mesi, in contrasto però con la norma comunitaria che impone 3 anni di pratica prima di dare l’esame di abilitazione alla funzione professionale di revisione legale
3. ASSAEROPORTI
La categoria ritiene di essere sottopagata, lamentando il congelamento delle tariffe aeroportuali da oltre 10 anni. Applaude perciò all’idea di creare una autorità indipendente del Trasporto. Protesta con Monti però perché il decreto impone all’autorità già vincoli troppo rigidi. A loro sembra anti-concorrenza ad esempio il riferimento a un solo modello tariffario di riferimento perché bisognerebbe tenere conto «delle esigenze del mercato alla luce anche delle differenti tipologie aeroportuali e differenti esigenze di sviluppo: per traffico, qualità, caratteristiche infrastrutturali ecc».
4. CONFSERVIZI (Aestra- Federambiente- Federutility)
L’Asstra che si occupa di trasporto pubblico locale chiede fra l’altro la reintroduzione (ora abrogata) di agevolazioni fiscali per gli utenti del trasporto pubblico collettivo e di liberalizzare anche l’attività di controllori bus in grado di dare multe a chi non paga il biglietto. L’idea è simile a quella degli ausiliari dei vigili: qui si propone che il ruolo sia svolto anche da guardie giurate e da servizi di vigilanza dell’azienda di trasporto. Applausi invece da Federutility e Federambiente, che apprezzano la separazione fra Eni e Snam rete gas e propongono solo miglioramenti tecnici ad alcune norme scritte male dal governo.
5. ASSOELETTRICA
Qui la considerazione è più generica: il settore si sente liberalizzato da tempo, ma con troppi cambi di regole e di marcia. Spiegano a Monti che le nuove energie rinnovabili sono ottime, ma con un difetto: gli impianti si fanno dove ci sono le fonti rinnovabili, e non dove c’è domanda di energia. Risultato: restano sempre sottoutilizzati. Più che nuova liberalizzazione si chiede al governo una programmazione pluriennale del settore. E si protesta per l’abolizione retroattiva degli incentivi fiscali sul fotovoltaico, proponendo quindi di legarli solo ai nuovi impianti: chi ha già investito si è fatto i suoi piani sulle regole del gioco esistenti, non riuscendo nemmeno ad immaginare una modifica retroattiva.
6. ASSOFARM (Farmacie comunali)
La categoria aveva già ottenuto una parziale inversione di rotta dallo stesso Monti rispetto alla prima versione del decreto liberalizzazioni. Ora propone una sorta di decalogo di modifiche al nuovo testo. Fra le proposte quella di creare “un legame fra fatturato e numero di farmacisti presenti in ogni farmacia: ad esempio un farmacista ogni 400 mila euro di farmaci venduti”. Molti emendamenti però di fatto chiuderebbero la strada alla concorrenza imprenditoriale, lasciando ai comuni il diritto di prelazione sulle farmacie dismesse e impedendo loro di venderle a prezzi di mercato, riassegnandole invece per concorso a giovani farmacisti non titolari.
7. Uritaxi-Cna/fita-Confartigianato e altre 19 organizzazioni di tassisti
Si parte da una protesta: i tassisti sono alla «quarta liberalizzazione in meno di 8 mesi», e si sentono un pizzico presi di mira. Ingiustificatamente secondo loro: «abbiamo istituito turni integrativi, doppie guida, servizi innovativi, sperimentali, uso collettivo del taxi, tariffe a tratta fissa, tariffe sociali senza alcuna contropartita economica». Chiedono che le regole sulle loro licenze restino in capo ai comuni e non all’Autorità, perché il loro mercato è territoriale e deve essere conosciuto dal concedente. Contestano come inutile la norma sull’aumento del numero di licenze, perché è un potere che già i comuni hanno: «È recente l’esempio del comune di Roma che ha provveduto al rilascio di duemila nuove licenze, facendolo- peraltro- contro l’opinione della categoria». Spiegano a Monti che è bellissimo concedere doppie licenze ai tassisti, ma è vietato da una legge del 1992 che lui non ha abrogato. E poi se si danno 200 licenze ai mille che già ce l’hanno, bisogna stabilire le regole in base a cui fare la scelta. Gli emendamenti proposti servono a correggere gli errori, mentre molti punti della riforma Monti vengono condivisi. Alla fine i tassisti sembrano quasi la lobby più moderata di tutte…
8. AISCAT (società Autostrade)
I documenti inviati dai gestori autostradali in Parlamento sembrano scritti da Monti stesso. Sono i più felici sul decreto liberalizzazioni, di cui tessono ampie lodi e spiegano perfino la filosofia meglio di quanto non abbia fatto il governo stesso in conferenza stampa. Al premier chiedono solo di essere protetti ancora più di quanto non avvenga oggi (altro che amore per la concorrenza) e di mettere qualche soldarello pubblico nella realizzazione delle infrastrutture. Unica cosa su cui Aiscat storce il naso è quella Autorità dei trasporti. Ma caro Mario, ce ne era proprio il bisogno? E non potrebbe lasciarci fuori dal suo controllo? Va beh, se ti piace tanto, falla. Ma guai se mette il naso nelle nostre cose economiche: «è evidente infatti che la sola percezione del rischio che una Authority possa modificare le regole tariffarie inserite nei contratti di concessione avrebbe come conseguenza la perdita di credibilità di tutto il sistema, allontanando definitivamente gli investitori dal nostro Paese».
9. FNOMCeO (ordine medici chirurghi e odontoiatri)
I medici ce l’hanno con l’obbligo di preventivo economico al paziente. Dicono di farlo già di norma, assai spesso. Ma se deve essere vincolante e dettagliato è altra cosa: «in ambito sanitario appare tecnicamente difficile quantificare in modo certo e compiuto tutti gli oneri per le attività da svolgersi già al momento della effettuazione della prestazione professionale. Non è raro infatti che la necessità di ulteriori interventi terapeutici emerga solo dopo l’inizio della prestazione sanitaria». Chiedono poi che l’obbligo di polizza assicurativa imposto dal decreto riguardi non gli iscritti all’ordine dei medici, ma solo chi esercita effettivamente la professione. Quindi vogliono abrogare il comma che sanziona disciplinarmente chi non stipula l’assicurazione.
10. CONFPROFESSIONI
Pioggia di emendamenti presentati in questo caso, più estesi, ma assai simili a quelli dei notai. Usano la filosofia di Monti però rivoltandola nei confronti del premier. Ad esempio l’obbligo di stipulare assicurazioni per i rischi derivanti dall’attività professionale, affidato ai consigli nazionali degli ordini «restringe la concorrenza». Che sia libero ciascuno di assicurarsi con chi vuole o di trattare migliori condizioni assicurative associandosi in piena libertà ad altri colleghi. Si invita poi il governo a non fare battaglie di religione, comportandosi invece laicamente. Giusta l’abolizione delle tariffe professionali (di fatto già avvenuta con molte professioni), ma non per tutte le categorie: le tariffe per i notai sono più utili e tutelano i clienti, e per le decisioni degli organi giurisdizionali sono talmente necessarie da avere già di fatto paralizzato molti procedimenti.
di Franco Bechis
fonte: liberoquotidiano.it 12/02/2012