da: quattroruote.it 20/03/13 Tassisti e attività di noleggio con conducente in subbuglio. Due carte di circolazione sospese e restituite subito dopo l’appello al giudice di pace. Una partita aperta, tutta da capire, il cui esito farà forse giurisprudenza. E interrogativi, tanti, su come le nuove tecnologie si intrecciano – e a volte si scontrano – con le leggi vigenti. Già, perché lo sbarco a Milano di Uber, l’app che “connette” i clienti ai servizi NCC che aderiscono con le loro berline, è diventato un vero e proprio caso.
La polemica. Le prime proteste di tassisti e operatori del settore NCC che non si sono “alleati” con l’azienda americana hanno iniziato a popolare la Rete la settimana scorsa, fino alla costituzione di un gruppo Facebook chiamato Uber, no thanks. Particolarmente attivo è Francesco Artusa, rappresentante della categoria NCC in FAI Trasporto Persone, che cita la legge quadro 21/92 per la disciplina degli “autoservizi pubblici non di linea”: ovvero taxi e noleggio con conducente. Artusa si sofferma sugli articoli 3, 11 e 13, per cui l’NCC “si rivolge all’utenza specifica che avanza, presso la sede del vettore, apposita richiesta per una determinata prestazione a tempo e/o viaggio”. E ancora: “Lo stazionamento dei mezzi avviene all’interno delle rimesse o presso i pontili di attracco”. Per la stessa legge, i taxi si rivolgono invece a una “utenza indifferenziata”, con sosta “in luogo pubblico”. E quindi cosa accade nel caso di Uber, che consente di “ordinare” una lussuosa auto in qualunque punto di Milano? Una domanda per cui ognuno degli attori di questa storia ha una risposta diversa.
L’accusa. “La legge non prevede un tramite tra noleggiatore NCC e cliente – spiega Artusa – e quindi è escluso il servizio su piazza: il noleggio deve essere chiesto dal passeggero, non da un intermediario, e le tariffe applicate vengono concordate preventivamente con l’utenza”. Altra questione “scottante”, per i critici di Uber, è il sistema utilizzato dall’app per determinare l’importo del viaggio: “In questo caso – continua Artusa – abbiamo uno smartphone che calcola la spesa in tempo reale, anche in relazione alla velocità. In pratica il telefono fa il tassametro, e che lo chiamino algoritmo poco conta. Peccato che sia una esclusiva del taxi e che debba essere omologato. Da chi è omologata l’app? Inoltre i veicoli NCC devono partire ogni volta da una rimessa, non possono sostare sul suolo pubblico in attesa di commesse”. Per Uber lavorano attività che offrono già servizi di noleggio con conducente, ma secondo Artusa “c’è il rischio della sospensione della carta di circolazione da due a otto mesi, più una multa, secondo l’articolo 85 del Codice della strada: il servizio è illecito – conclude il rappresentante NCC – ci riprovino pure rispettando le leggi italiane. Chiederemo un parere al ministero dei Trasporti e al Comune di Milano”.
La replica. “Ogni apertura in città è preceduta da cinque mesi di studi di carattere legale – risponde Uber – Arriviamo solo dove pensiamo che le leggi siano sufficientemente chiare per sostenere il nostro sistema. Le conosciamo, ne siamo al corrente. Anche della questione delle rimesse”. Detto questo, l’azienda spiega così la sua “filosofia”: “Ci accusano di voler abbassare i prezzi del mercato NCC, ma noi lo stiamo allargando, aprendolo a nuovi clienti. Vogliamo essere un servizio aggiuntivo che il noleggiatore decide di svolgere in base ai propri impegni. Ogni giorno il driver può accendere l’app che gli forniamo con lo smartphone, rendendosi così disponibile; altrimenti, continua col suo lavoro”. E veniamo alle questioni più tecniche: l’azienda si ritiene un “intermediario, un agente: il servizio vero e proprio – spiega – è offerto dalla società NCC, il rapporto è tra questa e il cliente e si instaura quando l’app fa la “chiamata”. Lo conferma anche la ricevuta, inviata via mail”. Valutazione diversa anche sui calcoli del software: “Il nostro algoritmo non è un tassametro e nell’app c’è anche l’opzione “fare estimator”, che fornisce una stima sul costo del viaggio con una tolleranza di 5 euro”. Quanto ai driver, Uber la vede così: “Tra noi e loro c’è un accordo, forniamo il telefonino e non li mandiamo allo sbaraglio. Facciamo test, controlliamo licenze e qualità”.
Controversie e via libera. A Milano, dove Uber stima già in “migliaia” gli utenti che hanno viaggiato più di una volta, qualcosa è già accaduto: l’8 marzo scorso, durante la cena di presentazione del servizio, i vigili hanno eseguito un fermo amministrativo di due carte di circolazione, appartenenti a conducenti che lavoravano per la società. Entrambi i libretti sono stati restituiti in pochi giorni, dopo il ricorso al giudice di pace. “C’è stata una segnalazione – dicono a Uber – ma non abbiamo avuto altri problemi”. Fonti della Polizia locale spiegano che la questione è complessa e che per dipanare la matassa servirà ulteriore documentazione: tra l’altro, la registrazione del cliente all’app moltiplica le possibili letture.
I precedenti in USA. In America, dove lavora anche con i tassisti, Uber ha dovuto affrontare diversi contenziosi. In alcune città l’attività è stata regolarizzata ex post, come a Washington: a dicembre, l’ok definitivo è arrivato dal City Council. A Chicago alcune attività di taxi hanno deciso di passare per le carte bollate, mentre ad agosto dell’anno scorso, in Massachussets, il pomo della discordia è stato il sistema GPS dell’app, inizialmente “bocciato” dalla Massachusetts Division of Standards: alla fine, l’amministrazione del governatore Deval Patrick ha ribaltato la situazione, dando il via libera. A New York, a metà ottobre, l’opposizione della Taxi and Limousine Commission ha spinto Uber a chiudere il servizio per le classiche livree gialle, attivo da sei settimane, lasciando tuttavia attivo quello premium delle berline. Dopo soli due mesi, la stessa Commissione ha approvato un progetto pilota di un anno che ha riaperto la partita, permettendo a cittadini e turisti della Grande Mela di utilizzare lo smartphone per “connettersi” con i tassisti. A fine gennaio il “caso app” è esploso anche in Colorado, dove le modifiche di legge chieste dalla Public Utilities Commission, che avrebbero finito col penalizzare servizi come quello di Uber (ad esempio vietando la sosta delle auto di lusso a meno di 200 piedi da hotel, ristoranti, bar, uscite degli aeroporti, ad eccezione dei viaggi concordati in precedenza) hanno però ricevuto il parere contrario della Federal Trade Commission: il 6 marzo scorso, l’agenzia governativa ha infatti comunicato di essere “preoccupata” per la possibilità che i cambiamenti proposti “possano danneggiare significativamente la competizione”, citando espressamente il caso delle “nuove applicazioni software”. Controverso è anche il “surge pricing” applicato da Uber, ovvero il meccanismo – sempre gestito via algoritmo – per cui le tariffe possono aumentare in rapporto alla domanda: a Milano per ora non esiste, ma l’azienda spiega che il modello sarà introdotto “quando il numero di clienti raggiungeranno la massa critica attesa: all’estero alcuni utenti si sono lamentati, ma ora l’app si rivolge in maniera specifica all’utente, chiedendo una doppia conferma prima di procedere. E comunque – conclude Uber – l’eventuale aumento della tariffa dipende dal momento e da motivazioni specifiche, come possono essere la notte di Capodanno o la settimana della moda”.
Il futuro. Insomma, città e Paese che vai, leggi – e contrasti – che trovi. Le regole Usa non sono quelle italiane e a decidere, anche da noi, sarà chi ne avrà la competenza, quando e se sarà interpellato. Ma restano gli interrogativi: ad esempio, su quali pilastri si devono reggere le vie della libera concorrenza? Come si possono far coincidere con la tutela dei diritti di tutti, grandi e piccoli? E soprattutto: come si può armonizzare l’utilizzo di nuove tecnologie, nel nostro caso un’app, nell’attuale quadro normativo? “La legge è stata scritta prima del nostro sistema – argomenta Uber – ma secondo la nostra interpretazione possiamo svolgere il servizio”. In attesa di conferme ufficiali, o di smentite, è certo che Uber continuerà a far discutere. E a lavorare. L’azienda ha già detto di avere un interesse per Roma, e dopo l’introduzione del surge pricing, a Milano la “fase tre” dovrebbe prevedere – almeno sulla carta – la “collaborazione con i taxi”. Come in Usa. “Per legge ora non possiamo farlo – conclude Uber – ma in futuro chissà: in Europa queste questioni vengono prese in considerazione, speriamo in una decisione a livello comunitario”. Intanto i contrari, proprio come accade negli States, annunciano battaglia.
Come già ho spiegato precedentemente: U… fornisce un servizio, stà poi agli operatori sul territorio prendere atto o meno dell’ applicabilità del servizio offerto.
La risultanza è che in Italia è INAPPLICABILE in quanto la “chiamata diretta” è prerogativa del servizio Taxi e non del Noleggio con Conducente che è invece un servizio a contrattazione con partenza obbligatoria da rimessa. U… non è un operatore legalmente riconosciuto poichè NON titolare di nessuna concessione o licenza che dir si voglia per trasporto pubblico non di linea e quindi non essendo registrato in quanto struttura economica di settore NON può fatturare servizi di trasporto ma solo servizi ad aziende di trasporto (verificare i codici ATECO disponibili in rete: si tratta i 2 codici attività diversi).
Inviterei la U… a studiare meglio la legge 21/92 ed a prendere atto del fatto che la legge stabilisce senza dubbio chi siano i soggetti abilitati ad esercitare l’attività di trasporto pubblico non di linea e non attraverso quali canali sia raggiungibile il servizio.
E sarà meglio che Artusa trovi argomenti più ficcanti, perché qualunque authority interpreterà la 2192 a favore di U…, lo sappiamo bene
Ed … stavolta c’e’ veramente poco da interpretare: la 21/92, il c.d.s. art 85 e 86 e le normative fiscali in merito alle modalita’ di fatturazione per i servizi di trasporto parlano chiaro. Ma basterebbe semplicemente fare riferimento ai codici attivita’ dei registri delle imprese. Nutro seri dubbi che U… sia titolare di licenza NCC e quindi non puo’ fatturare a terzi servizi di trasporto.
Quelli di Siria 1 ti piacciono? Voglio vedere come le autorità (concorrenza e privacy) autorizzeranno la schedatura dei clienti (cosa che i rtx non possono fare) e la fatturazione con IVA al 10% per una società estera non di trasporto. Non vedo l’ora.
Effettivamente la schedatura che i radiotaxi non possono fare, è un vincolo molto pesante da sopportare. Non sarebbe male (già che ci siamo) eliminare quel vincolo, la legge deve essere uguale per tutti. Poi faremo la lista dei buoni e cattivi, che di cattivi ce ne sono tanti!
@Ed: ho paura che dovremo trovare TUTTI argomenti piu’ incontrovertibili, non solo Artusa. Purtroppo U… fa concorrenza ****** sia agli NCC che ai taxi, e’ una piaga x entrambi in tempi di pesante magra! Dal canto nostro possiamo incominciare a lavorate sull’opinione pubblica mettendo l’accento sul minor costo del taxi rispetto a U… (ad esempio scrivendo a Panorama che ha sbandierato quelli di U… come gli eroi antilobbysti mentre sono solo gente che ***** ******) e poi sforzandoci di dare maggior qualita’ al nostro servizio: macchine pulite, vestiti dignitosi, comportamento educato e niente osservazioni stupide sulle corse corte. Per moltissimi di noi questi standard sono assolutamente normali ma devono diventarlo x TUTTI
Tutto vero cara Rachele, ma le Legge è Legge, l’ncc DEVE partire dalla rimessa, DEVE tornare in rimessa dopo il servizio e NON può avere il tassametro (vero o virtuale che sia) e deve applicare l’IVA nella giusta percentuale di Legge rilasciando regolare ricevuta fiscale o fattura. Dopo di ciò, come i radiotaxi, U… NON può schedare i clienti. E c’è dell’altro, ma quello lo teniamo nel cassetto 😉
@Rachele:
Mi spiego meglio ancora: U… NON E’ UNA IMPRESA DI TRASPORTO PUBBLICO NON DI LINEA ma un PROVIDER di servizi di chiamata, quindi PUO’ SOLO vendere a Titolari di licenze NCC o TAXI i suoi servizi rilasciando fattura (da capire in quali termini considerato che è una società d’oltreoceano e che i trasferimenti di denaro all’estero per l’acquisto di beni o servizi da parte di imprese vanno comunicati nel termine perentorio di 30 giorni alle Agenzie delle Entrate ). Non solo: fornisce il servizio ma non chiarimenti in merito al procacciamento della clientela ed alle modalità di contrattualizzazione.