Non è un paese per app

da crocodilecrying webnews.it . C’è un famoso politico, recentemente caduto in disgrazia, che ricorda ancora cosa significa toccare i taxi in Italia. Ora lo sa anche Benedetta Arese Lucini, general manager di Uber in Italia.
Il sistema applicativo inventato in California da Travis Kalanick nel 2010 dopo un viaggio a Parigi nel quale non gli riuscì di trovare un taxi, è esploso in tutto il mondo. L’idea è semplice e rivoluzionaria: un network chiuso che favorisce l’incontro tra domanda e offerta di auto a noleggio con conducente (NCC). L’aderente è un soggetto privato, che paga una commissione alla società, la quale funge più da consulente di marketing che da mediatore dato che la transazione rimane esclusiva tra autista e cliente.

In due anni Uber è diventato un fenomeno globale. TechCrunch ha dimostrato che sta crescendo più velocemente della eBay degli inizi. Si è stabilita in 25 città americane, a New York è diventata ufficialmente l’applicazione che gestirà i leggendari taxi gialli, è sbarcata oltre Atlantico a Parigi, Berlino, Londra, Monaco, Sidney, Singapore, da qualche mese a Milano e Roma.

In Italia, guarda caso, sono sorti i problemi più clamorosi. C’è tutto il peggior armamentario italico: minacce per mail e verbali allo staff, scontro feroce con le categorie, intralci con la polizia locale, litigi coi tassisti. Nella Capitale i conducenti hanno addirittura paura di ritorsioni fisiche. Durante l’inaugurazione milanese la polizia locale, avvisata da qualcuno, ha posto sotto sequestro due licenze, che però sono state subito dopo restituite.

Il rancore generale lo posso anche capire per un mercato che fatica a comprendere la competizione, non capisce che porta anche crescita. Non mi aspetto ampie vedute da chi tutti i giorni guida il suo taxi e magari percepisce, erroneamente, Uber come una minaccia. Però mi aspetto che ci sia comprensione umana e rispetto per noi giovani che stiamo portando questa realtà in Italia, e soprattutto è inaccettabile dare ultimatum ai nostri partner minacciando che verrà rinnegata la tessera FAI (associazione di categoria NCC) a chi continuerà a lavorare con noi.

L’argomento è delicatissimo e Uber stessa sa che la sua applicazione – basata sull’uso dello smartphone – è andata a coprire un settore formalmente differente da quello del trasporto in taxi, regolato in tutte le principali città del mondo secondo criteri molto tutelati, ma che ha finito per scontrarsi con gli interessi della categoria. Anche perché la legge italiana, aggiornata nel 2008, impedirebbe probabilmente questo tipo di servizio a un tale livello di disponibilità e circolazione se non fosse che è inapplicata per mancanza di decreti attuativi.
Il fatto incredibile è che le associazioni di categoria hanno tenuto nel cassetto applicazioni simili perché convinte che fossero illegali, salvo poi vedere una startup mondiale arrivare col suo prodotto. E si è scatenato l’inferno.

Quando sono tornata in Italia dopo dieci anni in giro per il mondo, dove mi ero occupata di seed di investimento, di startup, di e-commerce, mi sono trovata subito i bastoni tra le ruote. Paradossalmente l’Italia è il paese ideale per noi, perché ha una legge non particolarmente restrittiva e abbiamo sempre saputo che anche qui i tassisti avrebbero fatto resistenza. Eravamo pronti, ci siamo confrontati in tutte le città con problemi simili e i giudici ci hanno sempre dato ragione. In Italia, invece, al momento non so di azioni legali ufficiali: qui si preferisce discutere all’infinito, alzare i toni, contrastare le idee innovative invece di stabilire molto semplicemente chi ha ragione e accettare la sfida.

Le accuse rivolte a Uber sono di varia natura e molto complesse, più volte riportate dalla cronaca nazionale e sugli stessi blog dove scrive Benedetta o dove è intervenuta. In attesa di capire chi ha ragione e chi torto, sono le differenze notate con gli altri paesi ad essere interessanti, perché illuminano altre zone d’ombra della vita di una startup in Italia.

I nostri partner aumentano il loro reddito settimanale anche del doppio, e su tutte queste tratte viene applicata l’IVA italiana e una tassa sul reddito. Tutte cose buone per questo paese e per il mercato. Lavoriamo anche con altre startup, partecipiamo ad eventi e ci confrontiamo. Uber alle spalle ha finanziamenti e una grossa società, ormai, ma in ogni città operiamo come una startup con budget minimo e tanta voglia di innovare localmente. Eppure questo non lo si riconosce. Negli Usa abbiamo avuto più cause legali, che hanno portato chiarezza, e meno resistenze all’innovazione in sé. Le leggi non sono state utilizzate per difendere dei monopoli, bensì gli utenti. Una volta stabilito cos’era meglio per loro, abbiamo avuto l’ok.

Un altro punto chiave. La resistenza all’innovazione in Italia passa spesso per la burocrazia. Troppe leggi e confuse indeboliscono quelle necessarie, sostenendo lo status quo e chi le conosce, spesso favorendo dei monopoli di fatto che si rivelano molto aggressivi. Col risultato di soffocare il mercato e la creazione di nuovi posti di lavoro. Che piaccia o meno ammetterlo, ci sono settori potenzialmente innovabili che sono come cortili recintati.

Leggi tutto: http://www.webnews.it/2013/05/06/non-e-un-paese-per-startup/#ixzz2SdZ5LmC6

10 commenti

  1. Gentilissimo Marco
    mi permetto di dissentire: l’Italia è un paese per app. E soprattutto per il mondo della mobilità.
    Consiglio allora di visitare il nostro sito ************** e di contattarmi
    *****************.
    Spero di farLe cambiare idea.

    Ubaldo Rauso

  2. Amica mia i tuoi NCC che lavorano per voi lavorano già per tanto zero posti di lavoro in più ,,,,,,e siccome le leggi sono fatte per essere rispettate …o cambiate modo o torna pure da dove sei arrivata!!!gira per il mondo biondina !!!

  3. La solita pubblicità a senso unico e senza contraddittorio!
    Proprio come insegnano in Bocconi…

  4. 1. Perchè pubblicare questa spazzatura?
    2. Benedetta L….., hai ragione l’Italia non è il paese per te.
    3. La vogliamo finire di parlare di questi untorelli? Le chiacchere stanno a zero. Ci si vede in tribunale.

  5. Sembrerebbe un bandiera bianca,se non fosse che alle spalle avranno sicuramente i grandi noleggi che riprenderanno il discorso con i soliti contratti tipo Italo,o similari- Non sembra propio che non si capisca che il nostro lavoro è fatto di punte nelle solite ore e poco e niente nelle altre e il taxi o ncc che aspetta davanti al portone come fosse un autista privato è un sogno dell’utente che non potra mai essere realizzato se non pagato il triplo di ora o sovvenzionato con soldi pubbici.I grafici di richiesta sono sicuramente in ogni ufficio delegato ai trasporti,ma sempre ignorati.Sarebbe ora che li mettessimo con le spalle al muro e visto che non hanno neanche più un decente trasporto pubblico locale su linee provinciali (manca del tutto il sabato e domenica)scendessero a patti con noi,RISPETTANDOCI.

  6. Volevo sottolineare una cosa , il povero politico che e’ caduto in disgrazia e’ lo stesso che si e’ fatto eleggere senatore a vita, ha fatto cadere in disgrazia l’ ITALIA , ha lasciato il partito che ha fondato ed e’ tornato a fare il saccente alla BOCCONI formando adepti che un domani fotteranno la povera gente come i loro predecessori. Magari in ITALIA si avesse la forza di lottare che abbiamo NOI!!! Combattere quelli che pensano che la dignita’ debba essere calpestata e basta!!! Poi questa societa’ di U… non paga le tasse in ITALIA pero’ viene qui’ a mangiare e’ come i supermercati FRANCESI anche loro pagano le tasse in FRANCIA!!!

  7. Vorrei chiedere alla persona che fa parte di U… se non trova un controsenso sbandierare la possibilità’ di creare nuovi posti di lavoro quando si puo’ dire che gia’ noi con gli NCC siamo in sofferenza visto i tempi?! Allora vuol dire che i posti creati da loro equivalgono a quelli che perderemmo noi perche’ l’ ITALIA se non l’ ha capita e’ un pase in crisi e sta vivendo su equilibri precari!!! No siamo in ITALIA da sempre e abbiamo fatto famiglia qui’ e pagato le tasse qui’! Se vi sentite dei CHIGAGO BOY andate da un’ altra parte!!

  8. Ho rintracciato lo scribbacchino su Twitter. Addirittura la L….. lancia a Fai accuse false e lui non si è sentito di chiamarci per una replica. “lo deciderà il tribunale se è illegale” dicono questi sedicenti supporters mal travestiti.
    Sempre la stessa storia. Per tessere le lodi o raccogliere i “chiagni e fotti” di R-U… basta la parola dei tre ragazzini. Raccontare gli altri FATTI (tipo una leggina di 2 paginette o i precedenti di R-U…) non è compito loro. Semmai della Cassazione. Quel tizio che sta scappando sulla tua auto non è un ladro fino al terzo grado di giudizio.
    Mi dice ” io sono solo un giornalista” e io gli replico : su, non esageri!

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