milano.corriere.it L’investimento sulla zona di sviluppo di Porta Nuova
Porta Nuova, provincia araba di Doha. Non sarà il paesaggio di Cala di Volpe, l’incontaminata dreaming Sardegna da cartolina, ma anche questa è «diversificazione degli investimenti». Architetture vertiginose. La Milano proiettata verso l’Expo, rigenerata nel tessuto e rimodellata nelle forme: torri tagliate come diamanti; un Bosco verticale da abitare; il nuovo quartier generale Unicredit e un’ambiziosa Biblioteca degli alberi, quando verrà. Gli emiri erano già rimasti affascinati dalla Costa Smeralda e ne avevano conquistato i resort.
Ora hanno raggiunto la terraferma. Operazione in grande stile: sono saliti sul tetto di Milano. Il fondo sovrano Qatar Holding ha ufficializzato ieri l’acquisto del 40 per cento di Porta Nuova, il piano di sviluppo immobiliare da oltre due miliardi di euro che sta rivoltando e costruendo su 290 mila metri quadrati del centro città, nei quartieri Garibaldi-Repubblica, appena oltre la cerchia monumentale dei Bastioni spagnoli: «Il progetto – è l’annuncio, o forse l’auspicio – imprimerà una trasformazione radicale per il Paese e creerà valore per tutti i soggetti coinvolti». In sintesi: il Qatar scommette sul real estate italiano augurandosi che si riprenda, e renda. Intanto, suggerisce Manfredi Catella, «va colto il segnale di fiducia» trasmesso da questa partnership: «Agli occhi del mondo – riflette l’ad di Hines Italia, società capofila di Porta Nuova – è arrivata un’immagine di Milano vincente, competitiva, solida e affidabile».
Le prime voci sullo shopping di grattacieli griffati (Cesar Pelli e Stefano Boeri tra le firme) s’erano diffuse un mese fa, dalla Londra dei magazzini Harrods (altro business di Doha), ed erano pessimiste: «Il Qatar è in trattativa per acquistare alcuni edifici del distretto Porta Nuova, visto che la crisi economica italiana spreme ( squeezes , ndr ) il promotore americano Hines…». L’iniezione di risorse assicurata dall’emiro Hamad Bin Khalifa Al Thani consente al gestore italiano di «rafforzarsi e riprendere slancio»: «La società – rimarca Catella – si conferma come un’importante piattaforma domestica d’investimento e gestione per conto di investitori nazionali e internazionali».
Il centro di Milano non è la Costa Smeralda, qui il fondo sovrano non ha acquistato un blocco di palazzi: «Resta minoritario e partecipa al progetto». La prospettiva è di lungo periodo. Il crollo del settore immobiliare ha stressato i calendari, rallentato le vendite (uffici e appartamenti sono stati collocati per metà) e fiaccato le imprese (la ditta del Bosco ha appena lasciato il cantiere: troppi debiti, sostituita). C’è da lavorare, insomma. La notizia dell’accordo ha avuto l’effetto d’un tranquillante sugli scambi dei titoli immobiliari in Borsa. Riprende Catella: «Il territorio è la risorsa naturale più importante che abbiamo. Territorio nel suo significato più ampio: paesaggio, turismo, qualità, salute, università… Solo valorizzando le nostre ricchezze possiamo riattivare un motore strategico per la ripresa del Paese». L’aveva detto con parole analoghe, a novembre, l’ex premier Mario Monti: «Chi pensasse che queste operazioni di acquisizioni, di investimenti esteri in Italia siano modi per svendere società o beni italiani, farebbe un grandissimo errore…».
Sei mesi fa il fondo strategico di Cassa depositi e prestiti aveva firmato con Qatar Holding per una joint venture da 2 miliardi di euro. La società mista ora c’è. La sede è in corso Magenta al 71. Sono tre chilometri dalla zona di Garibaldi-Repubblica. Il fondo sovrano aveva già investimenti enormi nell’eurozona: Barclays plc e Credit Suisse, Harrods e London Stock Exchange, Lagardere e Porsche. In Italia, fino a ieri, un meraviglioso pezzo di Sardegna e gli affari con Cassa depositi e prestiti.
Ora si sono aggiunti i grattacieli di Porta Nuova. Ma nei dossier dell’emiro compaiono anche aziende del settore alimentare e della moda. I prossimi obiettivi.
Emirooooo… Compra anche l’Inteeeer…
Un anno di Monti ha ridotto il paese una catastrofe. Dopo aver lasciato gli italiani in mutande adesso arrivano i suoi amici a comprare. Che vergogna!!!!!
Si era capito che girava il grano, perché in Italia non si è mai visto che delle strutture in costruzione viaggiano a un piano alla settimana o dieci giorni. Meno male a me che sono di qui o di la non importa, penso che i clienti peggiori in generale sono quelli di casa nostra e nn gli stranieri..