Padova, tassisti denunciano i driver di Uber

app_ubercorrieredelveneto.corriere.it Il governo resta alla finestra ed è diviso (il ministro Lupi ha definito Uber «illegale » e il premier Renzi che giura di averlo provato a New York «straordinario»), la normativa non è di quelle che aiutano (il trasporto abusivo è punito anche pesantemente, ma il car sharing a pagamento non è un illecito per la legge italiana), i ricorsi amministrativi sono lunghi e tortuosi (almeno su questo c’è certezza) e i tassisti non hanno nessuna voglia di aspettare inermi l’estinzione. E allora? Visto che Uber è un taxi fai-da-te, i tassisti regolari di Padova hanno deciso di prenderlo in parola: mercoledì mattina invece di minacciare ricorsi e proteste come nelle altre città italiane in cui è arrivato il servizio (Roma, Milano, Torino e Genova), alcuni tassisti si sono scaricati l’applicazione e hanno cominciato a chiamare i driver di Uber. 

Ma invece di farsi riconoscere come da protocollo e salire a bordo come tutti i comuni passeggeri, si sono fermati a qualche decina di metri dal luogo dell’appuntamento e si sono segnati il modello di vettura e il numero di targa degli autisti in arrivo. «Così facilitiamo i vigili nei controlli e poi loro potranno provvedere alla confisca dei mezzi», sorride perfido un tassista di fronte alla stazione di Padova. «Perché sia chiaro – rincara la dose il responsabile taxi della Cna di Padova Walter Basso – che per noi Uber è pericoloso per gli utenti e rappresenta una concorrenza sleale per noi tassisti». Dello stesso parere il vicesindaco di Padova Eleonora Mosco che ha subito preso le difese della categoria e i rappresentanti delle cooperative. A sentire i tassisti dunque a breve le strade di Padova diventeranno un teatro da spy story dove «i regolari» segnaleranno «gli uberiani» perché i vigili – come sta già succedendo a Genova e a Torino – provvedano a multare i driver (la sanzione per esercizio abusivo della professione arriva fino a settemila euro con tanto di confisca dell’auto) per scoraggiare i potenziali autisti associati all‘applicazione. Al momento però i vigili non hanno ancora una direttiva precisa.

Il comandante Antonio Paolocci prende tempo: «Valuteremo se ci sono illeciti o meno. Nel caso prenderemo provvedimenti». Da parte sua comunque Uber è pronta a difendersi. La compagnia vale 40 miliardi di dollari e non ha avuto problemi a inviare un esercito di avvocati per assistere gli autisti che hanno avuto grane con i vigili urbani di Genova e Torino. In fondo era messo in conto. Uber non è certo la prima app che deve combattere contro istituzioni e categorie. Lo hanno già fatto Amazon, Google e Facebook. E, a guardare i fatturati, non sembrano sconfitte.

4 commenti

  1. Sembra che ai giornalisti sia sconosciuto il concetto di abusivismo e lavoro nero. So che loro ( i giornalisti) hanno un Ordine al quale devono essere iscritti e al quale devono rispondere in caso di comportamenti deontologicamente o legalmente inappropriati. So anche che detto Ordine si occupa di denunciare chi svolge l’attività in modo abusivo (recentemente è stata “attenzionata” Barbara D’Urso per la sua trasmissione su canale5). Ovviamente nel nostro caso un tassista abusivo che fa il tassista abusivo e viene “assunto” per fare il tassista abusivo e viene chiamato per trasportare clienti come un tassista abusivo ed incassa soldi in nero come un tassista abusivo e non rispetta nessuna norma come un tassista abusivo, chissà perché non può essere chiamato tassista abusivo.

  2. Un solo radiotaxi per citta,magari diviso in 2/3 sezioni,modello parigi,una sola app per tutti..e U… scompare in 5 secondi.o no?

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