lanazione.it Siena, 11 gennaio 2015 – IL DELITTO di Alessandra Vanni è destinato a rimanere insoluto. Anche le avanzate tecniche investigative di oggi non hanno portato a individuare colui che uccise nella notte tra l’8 e il 9 agosto di 18 anni fa la giovane tassista senese. Il pubblico ministero Nicola Marini e l’ispettore di polizia Claudio Boniello da anni stanno cercando il responsabile di quell’omicidio che bel 1997 scosse la città. Magistrato e poliziotto hanno scandagliato ovunque pur di porre la parola fine alle indagini e soprattutto rendere giustizia ad Alessandra ammazzata senza un perché a soli 29 anni.
Negli ultimi mesi a fronte di quanto rinvenuto sotto le unghie della giovane tassista (pelle e non solo) sono stati mandati a Roma per il dna. Alessandra, dunque, si era difesa e aveva cercato, graffiandolo, di opporsi con tutte le sue forze a colui che le stava stringendo introno al collo uno spago da pacchi. I reperti presi dalla medicina legale nell’immediatezza dell’omicidio, un anno fa erano stati mandati a Roma e contemporaneamente erano stati fatti dei prelievi a ben nove persone e perfino una esumazione nel cimitero di Uopini.
Il pm voleva sapere, infatti, se facendo i confronti tra la pelle rinvenuta sotto le unghie di Alessandra e quelli prelevati ai dieci uomini c’era compatibilità. In sette casi il dna ha detto di «no» e per tre è stato necessario ripetere l’esame. I risultati dovrebbero raggiungere a giorni il sostituto procuratore della Repubblica Nicola Marini. Se anche questi fossero negativi le speranze di assicurare alla giustizia l’omicida della giovane donna si ridurranno ulteriormente. In pratica gli investigatori non hanno più persone che potevano aver avuto contatti con la Vanni a cui fare i prelievi per il dna. In diciotto anni sono state battute tutte le strade per cercare di capire cosa realmente accadde quella notte di agosto del 1997.
ALESSANDRA quella sera aveva preso il posto della zio. Ai colleghi aveva detto di essere stanca e di non sentirsi molto bene tanto che non avrebbe lavorato tutta la notte. Prende due chiamate: la prima di alcuni militari e dalla stazione li porta in caserma e l’altra – l’ultima per sempre – non si sa chi l’abbia fatta. Il taxi 22 condotto da Alessandra viene visto girare per Quercegrossa come se stesse cercando una strada, transita per la Chiantigiana fino a Castellina in Chianti (verranno sentiti diversi testimoni che avevano notato il taxi bianco.
Le loro dichiarazioni in fatto di orari furono contrastanti) e da quel momento la ragazza e la macchina sembrano come risucchiati dalla calda notte. Un buco di oltre otto ore e poi l’agghiacciante scoperta da parte di un abitante di Castellina. Il taxi era fermo dietro al cimitero del paese, Alessandra era al posto di guida e aveva la testa reclinata sulla spalla sinistra. Pareva dormisse. L’uomo si era avvicinato e aveva visto quella corda intorno al collo e le mani della ragazza legate dietro allo schienale. Capì e dette l’allarme. In quella piazzola in terra battuta in breve arrivarono tutti compreso l’allora pm Roberto Rossi oggi procuratore capo ad Arezzo. L’area fu sequestrata per tutta la giornata e la macchina portata via per essere analizzata. Fu trovata solo una strana impronta bagnata nel sedile posteriore.
Nessuno in quel momento poteva immaginare che le indagini sarebbero durate 18 anni, nessuno poteva sapere che tutti gli sforzi investigativi non avrebbero sortito alcun effetto. E ora anche l’ultima speranza legata agli esami del dna sembra frantumarsi. E così l’assassino di Alessandra Vanni non ha ancora un nome e un volto e rimane un mistero il motivo per cui fu uccisa la giovane tassista.