Un caso al mese. Pesano la concorrenza e le licenze svalutate di Massimo Gaggi corriere.it
Adesso l’incrocio dell’86esima strada con East End Avenue, dove è stato trovato parcheggiato il taxi giallo di Yu Mein Chow, è diventato il luogo di un pellegrinaggio silenzioso e anche di una protesta fatta di cartelloni appesi ai lampioni. Il cadavere del tassista birmano, il quinto a suicidarsi a New York dall’inizio dell’anno, è stato ripescato nell’East River, nove miglia più a sud. Ma Chow deve aver compiuto il suo gesto disperato, gettandosi nel fiume, proprio qui, nel cuore del ricco Upper East Side, a due passi da Gracie Mansion, residenza storica dei sindaci di New York, oggi occupata da Bill de Blasio.
Un sindaco di sinistra, un tempo protettore dichiarato dei tassisti, oltre che di tante altre categorie di lavoratori, che era già finito (assieme al governatore Andrew Cuomo) nel mirino della protesta l’8 febbraio scorso: quel giorno un altro tassista, Douglas Schifter, si suicidò sparandosi un colpo alla testa davanti al municipio dopo aver postato su Facebook un messaggio nel quale accusava il primo cittadino e altri politici locali di aver trasformato gli autisti in schiavi. A marzo, poi, era toccato a un altro tassista: stufo di guidare per più di cento ore a settimana per portare a casa un magro stipendio, aveva deciso di ritirarsi. Solo allora aveva scoperto che il Medallion, la licenza del suo taxi che un tempo aveva avuto un valore commerciale superiore al milione di dollari, il serbatoio che doveva sostenerlo negli anni della pensione, ormai non poteva essere venduto a più di 175 mila dollari (150 mila euro). Disperato, ha deciso di farla finita, come già altri due suoi colleghi a gennaio.
I tassisti sono stati spesso criticati in molte città del mondo, e anche in Italia, per i loro atteggiamenti corporativi, ma casi umani come quelli di Schifter e Chow illustrano in modo drammatico la complessità e profondità dei problemi sociali scatenati dalla digitalizzazione di molti servizi e dalla diffusione della cosiddetta gig economy: quella dei «lavoretti» svolti in regime di condivisione. Un sistema flessibile e poco costoso: molto vantaggioso per il trasportato ma che spesso trasforma gli autisti in «working poor»: poveri pur lavorando a volte fino a 15 ore al giorno.
De Blasio anni fa aveva cercato di limitare la diffusione di Uber e delle società di «ride sharing», le auto condivise. Ma le nuove aziende del settore avevano mobilitato i loro utenti: newyorchesi — spesso con idee di sinistra — che non vogliono rinunciare alla comodità di poter chiamare un’auto con un’app che ti mette in contatto con l’autista e ti mostra il percorso del veicolo in arrivo.
Una volta costretto il sindaco alla retromarcia, si sono aperte le cateratte: dai 13500 taxi (certamente troppo pochi) guidati da circa 40 mila autisti con licenza, si è passati in pochi anni a una situazione nella quale gli autisti con licenza sono diventati 150 mila, al volante di 100 mila veicoli autorizzati al trasporto di passeggeri. La sola Uber, le cui 105 vetture del 2011 erano già diventate 20 mila nel 2015, oggi ha ben 60 mila «driver».
Molte opportunità per gli utenti (anche se poi il traffico è impazzito) ma per chi si guadagna la vita al volante è un disastro. Ancor più per coloro che avevano investito centinaia di migliaia di dollari per acquistare un Medallion: hanno perso quasi tutto. Ma anche per i semplici autisti la vita è cambiata: un tempo lavorando 8-9 ore al giorno potevano garantire alle loro famiglie un reddito da ceto medio, mandare i figli al college. Oggi girano a vuoto (il tempo in cui taxi e limousine circolano senza passeggeri è aumentato dell’81%) e più della metà di loro guadagna meno di 50 mila dollari l’anno: troppo poco per il costo della vita di New York. Ci sono tassisti che diventano «homeless»: dormono nelle loro auto. E si diffondono casi come quello di Beresford Simmons che a 71 anni, e dopo aver guidato taxi per oltre mezzo secolo, non può smettere pur essendo in dialisi e reduce da un’operazione al cuore. Molti stringono i denti, alcuni cedono.
La stampa di regime è stata in grado di creare odio verso la categoria taxi un po’ in tutto il mondo.
RU… ha utilizzato i suoi utenti contro i taxi ,mettendo in difficoltà anche i politici che sostenevano la categoria taxi,credo che quello che sta succedendo a New York succederà (o in parte già successo con bla bla car& company)anche in italia e una volta che il fenomeno U… esploderà anche per noi tassisti sara dura perché riusciranno a metterci contro il popolo ,condizionato x anni da una stampa di basso livello..dobbiamo unirci e digitalizzare con app fatte da noi tassisti e pregare.
Emanuele, di app ne abbiamo anche fin troppe, quelle per i taxi le abbiamo inventate noi coi nostri soldi. Ci rimane la preghiera, ma io non ho santi a cui rivolgermi.
Caro Marco lo so…nemmeno io non ho santi a cui appoggiarmi,ma questo è la politica che deve intervenire e tutelare chi gli paga lo stipendio…smetterla di fare interessi anti-italiani.
Che dio ci assista!!
Un concetto però Emanuele l’ha centrato:quello che succede in America arriva da noi,una volta impiegava anni vedi televisione a colori air bag micro onde,adesso tutto viaggia alla velocità della luce.
Marco e tutti!!! La preghiera è importantissima, io non sono certo un ottimista, sono un durissimo antagonista del mondo moderno. Ciò che ho imparato negli anni è che la lotta sistematica al sistema può pagare; è ciò a cui stiamo assistendo in questi giorni è un qualcosa che mi dà speranza. Mentre scrivo cottarelli è appena SCAPPATO DAL QUIRINALE, a fine luglio potremo tornare a votare. Sta a noi a mezzo scheda DISINTEGRARE IL SISTEMA. Non perdiamo L occasione e la speranza; possiamo davvero RIBALTARE LA SITUAZIONE. Per quel che possono valere i sondaggi la chiave è quella giusta. MI RACCOMANDO: VOTO ANTISISTEMA. Non potranno fermarci due volte sul nome di un ministro che questa volta penso sarà candidato è indicato all economia preventivamente. Saranno due mesi di fuoco; CHE QUESTO FUOCO RISCALDI I NOSTRI CUORI E LI ACCENDA DALLE ALPI ALLA SICILIA. Questa volta o la va o la spacca, tertium non datur. LA PAROLA D ORDINE È UNA SOLA CATEGORICA E IMPEGNATIVA PER TUTTI……LA CONOSCETE……LA CONOSCIAMO
Jevola concordo, non bisogna abbattersi ma combattere uniti e compatti ,sempre però con astuzia e intelligenza…perché oggi i giornali ci accusano di essere una corporazione una lobby potentissima…invece U… viene presentato come la soluzione al problema che è in grado di scardinare la nostra corporazione e il problema che noi non abbiamo mai fatto delle vere azioni di lobby nei confronti di giornali e politica!!forse bisogna cominciare a farlo anche noi…siamo tanti possiamo avere un peso sulle votazioni cominciamo ad appoggiare partiti e giornali e vedrete che il consenso verso nuove forme di trasporto si eliminerà quasi del tutto.
Ovviamente uniti e compatti!!dobbiamo muoverci come un unica entità!!
Jevola CONCORDO alle prossime elezioni bisogna dargli una bella spallata e possibilmente toglierci di mezzo chi ci danneggia. Non ne possiamo piu .Abbiamo diritto di lavorare e di farlo in tranquillita
Queste elezioni dovranno essere come “UN NEMBO DI TEMPESTA E FOLGORE DAL CIELO”