La «Brexit» di Uber spinge verso l’Italia (Un altro lanzillotta in arrivo?)

corriere.it Cosa farà Uber da grande? Se lo chiedessimo al suo amministratore delegato Dara Khosrowshahi direbbe che la risposta sta «nell’intersezione fra digitale e fisico», come ha ribadito la settimana scorsa all’Economic Club di New York. Dove c’è Amazon, in sostanza. Se chiamassimo in causa il sindaco di Londra, Sadiq Khan, sentenzierebbe che Uber non andrà molto lontano, quantomeno nella sua città, dove il 25 novembre non è stata rinnovata la licenza all’applicazione perché non ha tutelato la sicurezza dei passeggeri. «Faremo appello e (fino alla conclusione del braccio di ferro) a nome dei 3,5 milioni di rider e 45 mila conducenti con licenza londinesi continueremo a funzionare», ha contrattaccato la società americana, che proprio la scorsa settimana ha comunicato dati pesanti: negli Usa le denunce per aggressioni sessuali compiute su mezzi Uber, tra il 2017 e il 2018, sono state 5.981. Diciannove le morti.

Se ci rivolgiamo alla general manager South West Europe Giovanna D’Esposito, lei replica che c’è anche l’Italia al centro delle strategie di crescita e maturazione del colosso di San Francisco, le cui azioni hanno perso circa il 40 per cento dalla quotazione di maggio: «Con Spagna, Germania, Giappone, Corea del Sud e Argentina è stato pubblicamente riconosciuto come uno dei sei Paesi da cui ci si aspetta di più e su cui puntiamo», dice a L’Economia .

Questo ottimismo è imputabile a una maggiore apertura da parte di legislatori e amministrazioni?
«Gli indicatori che prendiamo in considerazione sono vari: quelli macroeconomici, i margini di crescita, l’analisi della domanda in base a quante volte viene aperta l’app. Per quello che riguarda le istituzioni, diciamo che adesso almeno ci rispondono al telefono. La maggior parte del lavoro della mia squadra (50 persone basate a Madrid) è dedicato proprio al dialogo con le istituzioni, a cui offriamo anche strumenti come la piattaforma Movement, già disponibile a Roma, per vedere e analizzare i flussi di traffico».

A Los Angeles, però, siete entrati in conflitto con l’amministrazione proprio perché vi chiedeva i dati sulle corse e voi vi siete rifiutati.
«La domanda che facciamo sempre è: cosa dovete fare con i dati? Mi è capitato di recente con l’assessore ai trasporti di Lisbona. Per quello di cui hanno bisogno non è necessario fornire nome e cognome, ma sono sufficienti i dati aggregati. E sulle informazioni in forma aggregata siamo disponibili a collaborare. Io vengo dal settore del gambling e ho ben chiaro dove tirare la linea quando si parla di privacy».

È passata dal gioco online ai trasporti: ci sono punti in comune?
«Entrambi si muovono in un territorio che può essere interpretato. Ci sono pressioni sia mediatiche sia normative, nel caso di Uber perché è entrato nel mercato con un modello disruptive . Poi, in entrambi i casi bisogna lavorare molto con il regolatore. E, ancora, bisogna dare alle persone ciò che desiderano: la gente vuole giocare e vuole muoversi».

Torniamo in Italia: siete presenti con le auto di Black a Milano e Roma, le biciclette di Jump a Roma e avete fatto l’esperimento con i taxi a Torino. In quale segmento proverete a crescere di più, anche con l’aggiunta di nuove città?
«Siamo un pochino più avanti con le auto, direi, anche se l’obbligo del ritorno in rimessa introdotto in maggio ha avuto un impatto sui numeri. Stiamo lavorando per tornare alla normalità e per quest’anno non potremo parlare di crescita. La diffusione delle biciclette invece presuppone la partecipazione a dei bandi, come quello di Milano a cui abbiamo aderito, che dettano tempi e modi».

Negli Stati Uniti avete lanciato un prodotto finanziario come i vari Google, Facebook o Apple (con la creazione di Uber Money). Arriverà anche in Europa?
«Non tutto quello che si può fare negli Stati Uniti si può fare anche in Europa. Per noi sarebbe ottimo, il pagamento è al centro del nostro servizio e si integra con il piano di diventare il sistema operativo di tutti i giorni, in cui entri e decidi se muoverti e con quale mezzo farlo, ordinare del cibo o inviare un pacco. E lo sbarco in Europa dipenderà da due fattori: le normative e lo sviluppo tecnologico nei diversi Paesi».


2 commenti

  1. Non credo possano rimettere uber pop c’è una sentenza del tribunale. Ma attenzione a manina tipo lanzillotta per il black. Nuovi peones non mancano certo, tipo Raffaella p.

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