lautomobile.aci.it Solo il ventidue per cento delle corse gestite dai taxi, il resto da Uber e Lyft. Basta solo questo dato della Los Angeles World Airports (relativo agli spostamenti dall’aeroporto internazionale LAX nei primi nove mesi del 2019) per descrivere la crisi dei taxi nella metropoli californiana.
Il motivo della preferenza dei consumatori per Uber e Lyft è chiaro: i servizi di ride hailing si chiamano comodamente dalla app sullo smartphone, costano circa la metà dei taxi e il prezzo della corsa è fissato in partenza. In città il trend è simile: il Dipartimento dei Trasporti di Los Angeles registra per i taxi un calo degli affari del 75% dal 2012, l’anno in cui Uber è sbarcata a L.A. Perciò ora si corre ai ripari: la città è pronta a trasformare i taxi pubblici in un servizio simile al ride hailing.
Mercato aperto
I taxi di Los Angeles hanno finora operato grazie alle concessioni (“franchise”) erogate dall’amministrazione comunale alle aziende private che gestiscono il servizio. Al momento queste aziende sono nove, le stesse che operano dal 1990. Per allargare e liberalizzare il mercato, la municipalità ha deciso di sostituire il sistema delle concessioni con semplici permessi e di eliminare il limite a quante società dei taxi e numero di vetture possono essere attive. Ora il tetto è di 2.364 veicoli: cifra irrisoria se pensiamo (riporta il New York Times) che Uber e Lyft hanno più di 100mila driver nella metropoli. Per fare un paragone New York City ha 13.587 taxi che operano col sistema delle licenze o “medallions” e l’amministrazione pubblica ha “limitato” a 80mila il numero delle auto del ride hailing.
Nuova app
Ma la novità principale per i taxi di Los Angeles dovrà essere tecnologica. Oggi ogni gestore ha un suo centralino per le prenotazioni; alcuni operatori offrono una app mobile per chiamare il taxi ma sempre separatamente dagli altri. Perciò l’amministrazione di Los Angeles ha sviluppato un sistema unico di prenotazione cui si accede sia telefonando sia tramite una applicazione sullo smartphone e che connette automaticamente gli utenti con tutti i taxi della città, indipendentemente dal gestore e in base invece alla zona in cui si trovano l’utente e le vetture disponibili. Il costo della corsa sarà inoltre noto alla partenza, come su Uber. Verranno modernizzati i tassametri e anche il look sarà rinnovato: non c’è più un colore obbligatorio, basterà mettere in vista l’adesivo che indica che la vettura è un taxi e riportare il numero dell’autorizzazione.
Tra regole e tutele
Riuscirà l’imitazione di Uber &co.? Alcuni tassisti sono scettici sulle misure “imposte” dall’alto e chiedono ancora meno regole. In particolare vorrebbero tariffe fisse per alcuni tragitti e più rapidità nell’erogazione dei permessi pubblici: occorrono settimane per un tassista per iniziare a lavorare mentre bastano pochi giorni per chi vuole fare il driver con Uber e Lyft.
Anche alcuni esperti di mercato scuotono la testa. Il taxi è un servizio “vecchio”, molti giovani non lo hanno mai usato. Se non piace più, è giusto che sparisca. Ma è un servizio pubblico, con delle garanzie e anche l’obbligo di fornire veicoli omologati per i passeggeri disabili. La legge federale Americans with Disabilities Act impone infatti di fornire servizi complementari al trasporto pubblico per i cittadini con alcune disabilità e il dipartimento dei Trasporti di Los Angeles ha appaltato il 65% di questo servizio alle società dei taxi. Non potrebbe fare lo stesso con Uber e Lyft, che sono aziende private e non soggette alle stesse regole: è nella loro libertà di impresa scegliere se offrire o no i veicoli omologati.