Strade vuote, bar vuoti, negozi vuoti, ristoranti vuoti. La città silenziosa, a tratti immobile come un centometrista sui blocchi di partenza che tende i suoi muscoli nell’attesa spasmodica che tutto possa avere finalmente inizio. La partenza (o meglio la ripartenza dopo questi giorni di blocco dovuti al Coronavirus però non avviene e l’attesa diventa preoccupazione e poi, mentre il tempo scorre nell’immobilismo, sconforto, sentimento che precede l’ansia. La Milano che lavora, quella della moda, della finanza e da qualche anno del turismo, la città sopravvissuta alle conquiste, ai bombardamenti e a qualsiasi tipo di crisi, si è scoperta improvvisamente vulnerabile proprio perché impreparata a stare ferma e a gestire quell’attesa che più di slogan da calze arcobaleno e involtino primavera inizialmente utili solo a nascondere la polvere sotto il tappeto, la città dell’Expo avrebbe avuto bisogno di chiarezza per poter fare realmente i conti con ciò che solo una manciata di giorni indietro fu descritta come un’influenza dagli occhi a mandorla e che invece ad oggi è sempre più un cortocircuito che rischia di diventare disastro economico a tutti i livelli.
Un’emergenza a cui si devono dare delle risposte senza perdersi in polemiche nel rispetto delle persone contagiate e di tante famiglie sempre più in difficoltà. Una volta che avrà ricevuto le risposte che merita anche la Milano che corre imparerà a programmare l’attesa e a guardare in faccia ad una realtà ormai fin troppo chiara ma dalla quale, al momento giusto, saprà riprendersi per essere come sempre un esempio per tutti.
Questo mio articolo uscito venerdì su Libero è ovviamente già vecchio nei contenuti ma non nel concetto in quanto se l’allarme fosse stato dato con la necessaria tempestiva, forse, avremmo potuto tutti prepararci in prospettiva al disastro che invece scopriamo giorno dopo giorno a distanza di oltre un mese. Se una Nazione è risultata impreparata, normale che lo stesso sia avvenuto all’interno della nostra Categoria dove, la comprensibile paura da parte dei taxisti, fa scrivere negli spazi Facebook o Whatsapp, ogni genere di teoria e ogni genere di baggianate spesso nel non senso più assoluto. In pochi giorni si è passati dalle battute alle accuse in un ping pong di post e di messaggi da “tutti contro tutti” cercando soluzioni, colpe e colpevoli che, trattandosi il Coronavirus un evento inaspettato e non di una cosa voluta, di fatto non esistono.
Spero che l’isterismo e l’ignoranza che hanno portato all’assalto di treni e pullman diretti al sud (incoscienza ed egoismo allo stato puro) non portino tra noi a scelte scellerate a favore di multinazionali che distribuiscono lavoro a percentuale, perché messe in ginocchio o abbandonate le strutture che fino ad oggi hanno garantito lavoro e rispetto delle regole al Comparto Taxi, si andrebbe incontro allo sfaldamento della Categoria stessa per come, fino ad oggi, l’abbiamo vissuta. Tutto il Mondo è coinvolto in questa crisi : bisogna solo essere forti e attendere lo sviluppo degli eventi.