orticalab.it Uno degli “ultimi mohicani” ci racconta l’anno del Covid: «Prima andavo a Napoli 3-4 volte alla settimana, ora manco da un mese. Il 90% del lavoro si esaurisce di mattina, la domanda si è ridotta al minimo». Ma non manca la speranza per il futuro: «Ci sarà sempre una signora anziana che avrà bisogno del nostro servizio, noi saremo pronti a rispondere»
Se I bus, durante le ore di punta, sono vuoti figuriamoci i taxi». A parlare è uno dei cinque tassisti, uno degli “ultimi mohicani” con i quali, prima della Pandemia, avevamo fatto il punto sul trasporto pubblico urbano ed extraurbano. Silvestro Spagnuolo, figlio d’arte («Mio papà, Generoso, è stato uno dei tassisti storici di questa città») ci aiuta a fare il punto sulla situazione di un settore, il suo, già in sofferenza ma che, con l’emergenza sanitaria, è stato duramente colpito.
«In realtà – ci spiega – prima della Pandemia il lavoro c’era. Certo, non con i ritmi delle grandi città, come Napoli o Milano, ma esisteva un bacino d’utenza, una clientela storica che faceva riferimento a noi. Il Covid-19 ha, praticamente, azzerato il mercato. Il nostro, così come quello di tanti altri settori. Riusciamo a fare affidamento su qualche vecchio ed affezionato cliente e dobbiamo lottare contro il fenomeno degli “abusivi”. Sì, esiste anche ad Avellino e contrae, ulteriormente, una domanda già povera».
Il crollo, rispetto all’epoca pre-pandemica, è dell’80%: «Tutto quello che si muoveva attorno alle industrie, alle attività produttive, si è fermato. Spesso ricevevamo chiamate da fuori provincia e fuori regione da parte di persone che, per motivi sanitari, dovevano giungere presso gli ospedali del nostro territorio. Anche in questo senso – continua Silvestro – la domanda si è ridotta al minimo».
Quante sono le chiamate al giorno? «Una o due, al massimo. Più che altro provenienti dalla città. Ricevere, in questi mesi, chiamate extra-cittadine è cosa più unica che rara. Conta che andavo a Napoli almeno 3-4 volte alla settimana – precisa – ora è quasi un mese che non trasporto clienti da e presso il capoluogo regionale. Il 90% del lavoro, ormai, si esaurisce di mattina. Ma non mancano chiamate a ridosso del coprifuoco».
La vita del tassista avellinese, come racconta Silvestro, è molto diversa da quella che tutti abbiamo costruito nel nostro immaginario. Il grosso del lavoro, infatti, al di fuori delle mura cittadine: «Le logiche di movimento sono completamente diverse a quelle, per esempio, di Napoli. Qui nessuno chiede, giustamente, di essere trasportato in questo o in quel quartiere della città vista la dimensione di Avellino ed è, forse, anche per questo che qui la crisi si fa sentire più che altrove».
Mentre accarezza con lo sguardo la sua Mercedes bianca, Silvestro ci racconta la “giornata tipo” del tassista sino alla Pandemia: «Da Avellino ci si sposta ovunque, la notte era il momento della giornata nel quale si lavorava di più. In quelle ora ci si muove per “guai” o necessità, ovviamente ad un costo maggiorato rispetto alle corse diurne. Si riusciva – sottolinea – a portare a casa un buon reddito, lo dico con sincerità. Ora combattiamo per pochi spiccioli ed i ristori ricevuti, lo dico con altrettanta onestà, non sono sufficienti a garantirci tranquillità economica».
Non è, ovviamente, cambiato solo il volume del mercato. La Pandemia ha obbligato Silvestro e tutti i suoi colleghi ad adottare misure di sicurezza massime: «Le precauzioni sono tantissime. Ho montato un telo tra il posto di guida e quello dei passeggeri per evitare contatti, disinfetto praticamente ogni cosa. Uso i guanti per caricare i bagagli e – continua – igienizzo l’auto dopo ogni corsa. Ma la paura di trasportare un cliente positivo al Covid è tanta. Ma in qualche modo bisogna lavorare…».
Ad oggi le licenze attive sono cinque. Ma il colpo legato alla Pandemia cancellerà la figura del tassista avellinese? «Non penso. Anche in una città piccola come la nostra i taxi servono. Ci sarà sempre la signora anziana che è disposta a pagarsi una corsa per una visita medica o per andare a ritirare la pensione. E noi, dall’altra parte, saremo sempre pronti a rispondere alla sua chiamata». Silvestro ci saluta così, in attesa che il telefono squilli.