Carina, gentile, i lunghi capelli biondi a incorniciare un sorriso disarmante. Alessia ha 24 anni. Prende servizio la mattina presto a bordo della sua auto bianca. Si infila nelle strade di Milano piene di auto e traffico. Si destreggia tra i cantieri e le code infinite. Ogni giorno è un’incognita: lo stress dell’attesa, la fatica dei turni, le aggressioni verbali che si ripetono senza sosta. Come lei Stefania B., 47 anni, 2 figli e una carriera ormai ventennale. Aveva appena conseguito il diploma di maturità che già le si prospettava un lavoro d’ufficio. Difficile opporsi a una strada segnata. Ma lei scelse la libertà dai vincoli, dai capi, dalle scrivanie e dalle stanze asettiche. E cominciò a fare la tassista nella grande Milano, un giorno dopo l’altro al volante, sino a sera inoltrata. Poi c’è Cristina R. che invece fa il turno di notte quando la città degli affari esce dagli uffici e si infila nei locali del divertimento. Tipo loquace e combattivo. Si è conquistata la fiducia dei colleghi ed è finita a rappresentare una parte della categoria a livello sindacale.
Alessia, Stefania e Cristina, sono solo tre delle oltre 800 donne tassiste che ogni giorno affrontano, senza nessun tipo di tutela, tutto ciò che una città come la nostra propone e impone. Opportunità e lavoro certo, ma anche insulti, discriminazioni e aggressioni che le mettono spesso, troppo spesso, a rischiare la propria incolumità personale.
Rappresentano circa un sesto della categoria e da titolari di licenza (o collaboratrici familiari) esercitano la professione nel Bacino Aeroportuale Lombardo, su tutti i posteggi e in tutti i turni di servizio compreso quello della notte, quando il rapporto con la clientela le espone spesso anche sul piano fisico, agli eccessi di un pubblico che, soprattutto nei fine settimana, diventa davvero difficile da gestire. Sono spesso figlie, sorelle e in molti casi anche mogli di taxi driver, donne unite dal cordone della parentela e di una professione tradizionalmente maschile che non fa sconti di alcun tipo e non risparmia incidenti di percorso a nessuno e ancor più al gentil sesso. Sono costrette a dividersi tra la gestione familiare e quella fatta da centinaia di km quotidiani alla guida della propria auto.
Quando occorre risolute, ma anche cordiali, professionali e decisamente “meno fumantine” rispetto ai colleghi di sesso opposto, Alessia, Stefania e Cristina insieme alle altre colleghe rappresentando un plus all’interno di una categoria dove il ricambio generazionale ha invece quasi del tutto superato vecchi e immotivati pregiudizi, retaggio di un tempo in cui la guida dell’auto era appannaggio degli uomini ed espressione di una presunta abilità maschile.
«Spesso, soprattutto durante le ore serali, è l’aggressività di certi clienti a tener in apprensione chi deve guidare con una presenza alle spalle in un abitacolo avvolto dal buio», spiega Stefania. «Solo grazie alla recente introduzione delle telecamere, ci si sente più sicure quando ci si avvia in direzioni periferiche o di vie particolarmente isolate». Come quella volta «che arrivata all’altezza del boschetto di Rogoredo, un giovane evidentemente alterato, mi mise la mano sulla spalla iniziando ad urlare e facendomi presagire il peggio». Il punto, continua Stefania, è che «sono i soli Radiotaxi a dotarci di un sistema di allarme installato a bordo della nostra vettura, quando dovrebbe essere soprattutto il Comune a dover garantire l’incolumità di chi svolge un’attività al servizio del pubblico al pari della nostra». Sono anni che la categoria richiede un Protocollo Sicurezza e per questo si sta preparando una protesta che inizierà con un presidio presso la Prefettura che potrebbe portare, in una fase successiva, ad uno stato di agitazione visto il protrarsi del silenzio di chi dovrebbe rispondere con i fatti, e non lo fa, alle necessità di chi è esposto al pericolo.
Alessandro Casotto, Presidente di Radiotaxi 02.8585 avvalora la tesi delle donne tassiste. «Oltre al dispositivo di allarme e alle telecamere che installiamo con un costo calmierato dedicato ai nostri tassisti associati, per far fronte al dilagante fenomeno delle rapine e delle aggressioni fummo i primi ad attivare e successivamente a proporre all’intera categoria, un Responsabile della sicurezza che, nei turni di maggiore esposizione al pericolo per i nostri conducenti, potesse intervenire e interagire con le Forze dell’Ordine in maniera professionale e assolutamente non violenta, in caso di allarme e pericolo accertato. Un’idea di sicurezza che serviva anche a raccogliere denunce e a dare supporto logistico e morale, a chi subiva incidenti, rapine e/o aggressioni». Purtroppo il progetto, nonostante l’apprezzamento da parte degli operatori, non ebbe seguito e venne accantonato come spesso accade alle cose fatte bene.
“Ci teniamo ad essere considerate seconde a nessuno” sottolinea Alessia con il suo giovane sorriso: madri, mogli ma soprattutto tassiste…E che questo I° Maggio possa essere dedicato a tutte le colleghe d’Italia.