bergamo.corriere.it Un taxi ogni 3 mila abitanti circa. La Bergamo, fatta da chi la visita e da chi la abita, che intende muoversi con un’auto bianca deve fare i conti con questo dato dimensionale. Mentre in Italia, secondo l’ultima Relazione al Parlamento dell’Autorità dei Trasporti, garante della mobilità, si viaggia su una media di un taxi ogni 2 mila abitanti. E anche con una serie di guai. Riassumibili in un solo concetto: chiamare un taxi e trovarlo, soprattutto in certi orari della giornata, equivale ad azzeccare un terno al lotto. Non è una questione di tariffe: quello dei prezzi delle corse è un problema comune a tutto il mondo. E non è nemmeno un problema legato alle modalità di pagamento. «Tutti i nostri mezzi — tiene a sottolineare Massimo Cocchiara, riconfermato in maggio presidente del Consorzio Taxisti artigiani bergamaschi, aderente a Confartigianato — hanno obbligatoriamente a bordo il Pos e stiamo predisponendo delle vetrofanie che, applicate sulle auto e ben visibili, indicano i vari circuiti di pagamento per il cliente».
Il problema è un altro: «Siamo sottodimensionati», chiarisce Cocchiara, mettendo subito sul piatto i numeri del suo Consorzio, l’unico in città con una centrale operativa, al quale aderiscono, per il territorio comunale di Bergamo, 36 tassisti oltre ad altri 5 con licenze di mezzi elettrici. In tutto ci sono 41 taxi, «quelli regolari, perché se poi guardiamo quello che succede all’aeroporto di Orio, quella è terra di nessuno. E quello che succede là è un delirio, dove anche gli abusivi si fanno spazio». La narrazione sul servizio taxi di Bergamo è piena di episodi e lamentele, con chiamate fatte e mai evase anche in pieno giorno, o ancora su come i tassisti rifiutino corse «ravvicinate» nel circuito urbano, perché non remunerative.
«Mi pare strano perché con una corsa urbana, il taxi impiega meno tempo e guadagna di più. Se dovesse accadere una cosa del genere, il cliente lo deve scrivere al Consorzio così da aprire una segnalazione per un provvedimento disciplinare a carico del tassista», afferma il presidente, uno che, si intuisce, ha a cuore il suo lavoro e non si nasconde dietro un dito. I problemi ci sono, inutile girarci intorno, tanto più che molto del ritorno d’immagine di Bergamo Capitale della Cultura 2023 si giocherà sui servizi che la città offre ai visitatori, e quello dei taxi è un servizio fondamentale soprattutto per i turisti. Per Cocchiara, dunque, il problema sono i numeri. «Teniamo presente che, con i flussi di Orio, Bergamo ha un bacino d’utenza che proviene da tutta la Lombardia. Nelle scorse settimane abbiamo avuto un incontro con il Comune in cui abbiamo delineato la situazione e avanzato la richiesta di poter ottenere altre 10-15 licenze con cui operare». E questo è un punto nodale.
L’Autorità dei Trasporti, infatti, a proposito di nuove licenze rimanda la palla «agli enti territoriali competenti» che dovrebbero misurare l’efficienza del servizio valutando la domanda potenziale e la disponibilità potenziale di vetture. In sostanza spetta al Comune, di concerto con Regione Lombardia, rilasciare nuove licenze di taxi, che non sono liberalizzate. Quest’ultimo è un altro nodo del comparto, perché da sempre è lo spettro della liberalizzazione delle licenze ad agitare la categoria, come hanno dimostrato gli scioperi dello scorso luglio. Ad agosto, a governo ormai caduto, dal Ddl sulla Concorrenza proposto dal premier (nelle cui intenzioni c’era la liberalizzazione del settore) è stata stralciata l’idea di promuovere la concorrenza «anche in sede di conferimento delle licenze» e l’indicazione di dover adeguare l’offerta dei servizi «mediante l’uso di applicazioni web che utilizzano piattaforme tecnologiche per l’interconnessione dei passeggeri e dei conducenti».
Ma, al netto del possibile rilascio di nuove licenze, c’è un’altra problematica di cui tener conto: e cioè gli orari di operatività dei taxi. Per la serie: non ci sono più i tassisti di una volta e non c’è ricambio. «I giovani — sottolinea infatti il presidente del Consorzio — lavorano di giorno e vogliono riposare il sabato e la domenica». Non solo, ma la situazione diventa ancora più critica nelle ore serali («alle 21 la Teb chiude e le corse dell’Atb si diradano», precisa Cocchiara) e notturne, diciamo da mezzanotte alle 5 della mattina, quando, per stessa ammissione del presidente, «fanno il servizio soltanto i soliti cinque taxi». In quella fascia oraria, se la città ancora dorme, l’aeroporto di Orio è già sveglissimo: solo da mezzanotte all’una atterrano tredici voli Ryanair, mentre la mattina il primo volo decolla alle 6. E, per chi deve trovarsi allo scalo con il dovuto anticipo, avere un taxi a disposizione o non riuscire a trovarlo è un problema, proprio in considerazione delle pochissime auto bianche in servizio.
Ma ad Orio, in quella che Cocchiara definisce «terra di nessuno», i problemi sono anche altri: «C’è necessità di una pensilina in cui i passeggeri possano incanalarsi con ordine, dando così priorità ai taxi in attesa, e di un pannello luminoso che indichi il servizio in modo chiaro. A breve avremo un incontro con Sacbo per una verifica della situazione». A proposito di chiarezza, la tariffa minima di una corsa, abbastanza in linea con le altre città italiane, è di 14,50 euro. Un minimo che, però, deve tenere in considerazione un’altra variabile, in questo caso diurna: «A chi dice che i taxi sono cari — conclude Cocchiara — rispondo che vanno valutati diversi fattori in campo, non ultimo il tempo. Arrivare in stazione dall’aeroporto di Orio, in certi orari della mattina, è diventato impossibile, ci si impiegano anche 25 minuti». Una situazione di congestione cittadina che ha determinato la soppressione del servizio prenotazione dei taxi: dalle ore 8 alle 10 si viaggia a vista, dando la disponibilità della corsa solo al momento in cui il radiotaxi riceve la chiamata.