“Sono appassionato di arte da sempre. Dipingo e scolpisco per esigenza personale, guardandomi bene dal farne un lavoro di cui non potrei accettare certi vincoli. Quando mi è stato proposto di esporre, ho scelto di uscire dalle strade battute, optando unicamente per scenari inconsueti e vendendo, su richiesta, attraverso un circuito di private bank o direttamente ai collezionisti. Per lavoro sono direttore artistico/event-manager e da anni collaboro con collezionisti e gallerie d’arte in qualità di art broker/advisor”.
Mario Tarroni (in foto), pittore e scultore di origini ferraresi, da anni residente e operante a Roma, è Direttore artistico dell’associazione culturale “Tota Pulchra” e dell’altra associazione MISIMA: con lui parliamo del suo ultimo ingresso, da artista, in una celebre galleria milanese, avvenuto in circostanze speciali, che lui stesso ci racconta.
D. Maestro, parliamo appunto di quest’importante novità: com’è iniziato il Suo rapporto con M77 di Milano?
R. M77, qualche tempo fa, ha espresso interesse per “Le stanze dell’inconscio”: 50 mie opere oggetto di una mostra (durata 18 mesi), ideata a suo tempo dal compianto Philippe Daverio e presentata da FINECO; di fronte al mio diniego a cederle, la galleria ha compreso e mi ha offerto 50.000 €/m2 per i lavori del “nuovo corso”.
D. La quotazione in m2 è un po’ inconsueta…
R. È vero; c’è stata una lunga riflessione che è scaturita da una domanda: come il mercato dell’arte misura le proprie mercanzie? Le quotazioni seguono generalmente una tale vastità di parametri… a volte, nemmeno gli esperti concordano sulle stime: 10, 100, 1000… Del resto, l’arte è una materia profonda, come sono profondi i concetti che esprime… Con il m2, si taglia corto: normalmente ci si misurano le superfici… Ma nulla è più profondo della superficie. E poi cos’è un dipinto? Puoi immaginarne uno senza superficie? Io ci sto provando…Forse che la superficie non ha uno stretto legame – e anzi, non concorre apertamente – a formare l’esperienza dell’opera? La serie a cui sto lavorando per M77 tiene conto di tutti questi aspetti, ed accoglierà dimensioni varie e inconsuete. Inoltre, la quotazione al “metro quadro”, oltre a richiamare alla mente la “misurazione di un quadro”, può permettere più livelli di accesso al collezionismo. Credo che oggi, almeno nelle quotazioni artistiche, bisogni essere un po’ più “superficiali”; uno spunto che spero venga colto dalla tappezzeria contemporanea.
D. Ma cosa, soprattutto, Le ha fatto accettare la proposta di collaborazione con M77?
R. Più che per la quotazione economica, ho accettato per il valore simbolico che la serie programmata appunto con M77ha per me. Il primo lavoro consegnato è #Oliosutela #1, “Marco è un bravo ragazzo ma nessuno lo sa”.
D. In cosa consiste questa Sua nuova opera d’arte, di cosa si tratta?
R. È un’opera autobiografica, sociale, mitica; densa – direi proprio viscosa – di significati, nonostante ad alcuni potrebbe apparire solo l’ennesima trovata provocatoria. Questa la genesi: per realizzare quel che avevo in mente avevo bisogno di un taxi e mi sono recato presso Piazza S. Pantaleo, stazione taxi del Centro di Roma dove ho identificato un tassista in cui mi sono rispecchiato, Marco: artistico, inquieto e con pochissimo tempo a disposizione. Gli ho chiesto a bruciapelo di aprire il cofano per un rapidissimo controllo dell’olio motore; inizialmente confuso, diffidente, stupito… con un po’ di magia, si è poco a poco trasformato, facendosi infine divertito, giocoso, sognante; a quel punto dovevo trasformarmi io, tornando a fare un gesto antico (quello di asciugare l’asta dell’olio con uno straccio), ma riempito, in quel momento, di tutto un nuovo significato…
D. Mentre realizzava questa nuova opera, in quella che sostanzialmente è stata un’improvvisa performance, a cosa pensava, cosa provava?
R. Trent’anni fa controllavo l’olio presso la stazione di servizio dei miei genitori (Service Car Center dei F.lli Tarroni), sognando orizzonti artistici; l’anno scorso ho inaugurato, insieme a mio fratello Michele, un’agenzia di servizi per il mondo dell’arte in America Latina, Service Art Center: nel nome, un tributo alla mia storia familiare. E oggi, uno straccio come quelli che imbrattavo da ragazzino, diviene un’opera d’arte, acquistata da una fra le più prestigiose gallerie d’Europa. Sono onorato che abbiano deciso di riservarmi l’ingresso ufficiale d’artista in galleria con un’opera dove celebro il mio cammino e l’impegno a trasformare la vita, mia e degli altri, attraverso l’arte. A Marco, con la spiazzante performance, ho scosso sicuramente la giornata… e con i profitti dell’opera, che ho promesso di dividere con lui, mi auguro di contribuire a dare una scossa anche alla sua vita”.
D. E quali altre opere pensa di realizzare, per la serie concordata con M77?
R. #Oliosutela è una serie completamente differente da quanto ho fatto sinora: è più propriamente una non-serie; le opere non avranno nulla in comune fra loro se non il solo fatto di essere oli su tela ma, come si può vedere dalla #1, già vengono ampliate le accezioni di “olio su tela”… Perchè con questo ciclo svolgerò soprattutto un lavoro sui termini stessi dell’arte, sui parametri con cui si classificano, le opere, come appunto la tecnica… e poi la misurazione in m2 e il discorso fatto sulle dimensioni. Su questo ho deciso di indagare. Ma per gradi. L’arte è un fulmine che arriva furioso e improvviso. Non produco e non produrrò per una catena di montaggio dettata dal mercato. Quando decido su una mia opera è solo perchè la sento nascere dentro.
Fabrizio Federici