espresso.repubblica.it L’ultima calamità italiana è l’immobilismo urbano. Non l’immobilismo che blocca lo sviluppo, il progresso, le carriere e strozza l’ascesa sociale. Proprio l’immobilismo in senso fisico. Lo stare fermi. A una banchina dei mezzi pubblici. A un cartello dei taxi, che sono pure mezzi pubblici (troppo spesso lo si dimentica), «non di linea» perché il percorso lo indica il cliente e non è prefissato a differenza delle tariffe per km. La pandemia ha restituito un turismo di massa costante e invasivo e non le mirabolanti opere di trasporto magari ecosostenibili per l’ambiente e l’udito.
Allora la polemica è antica: è contro i tassisti, categoria che divide l’opinione (pubblica, anche qui), spesso accusata dei peggiori sotterfugi (e il bancomat non funziona, è vero il contrario, funziona ormai ovunque, per esperienza), certamente dotata di uno spirito corporativo che spaventa la politica nazionale delle debolezze e gli amministratori locali delle esitazioni.
Il tema è talmente attuale – i taxi non si trovano! – e talmente sentito in metropoli come Roma – gli autobus non passano! – che finalmente e timidamente se ne parla. E ne ha parlato finanche il sindaco Roberto Gualtieri. Il governo tecnico di Mario Monti buttò giù con le lacrime di Elsa Fornero la feroce riforma delle pensioni, ma non riuscì a intervenire per davvero sui tassisti. Le licenze sono poche. Falso. A Roma ce ne sono 7.800, a Berlino sono 6.000, a Parigi una ogni mille abitanti. (Provate a fare paragoni sul resto dei mezzi pubblici). Le auto a noleggio con conducente (Ncc) non sono sufficienti. Falso. A Roma quelle autorizzate sono 1.000 e però ne capitano migliaia da ogni comune d’Italia. Vero che a Londra, dove è tutto libero e tutti sono tassisti, a prezzi molto esosi la corsa si fa. Vero che a New York i taxi sono 15.000 per 9 milioni di residenti, ma le Ncc sono 80.000.
Siccome le licenze, dunque il numero dei taxi, sono un tabù perché per i tassisti sono il trattamento di fine rapporto e sono vendute tipo all’asta (sui siti sono quotate tra i 150.000 e i 200.000 euro), i sindaci di Roma e Milano si sono inventati i turni lunghi. L’esperimento parte da Giuseppe Sala. Il taxi collegato a una licenza può circolare più del turno prestabilito con le «doppie guide»: all’autista titolare viene affiancato un parente sino al terzo grado (è servizio pubblico, ma anche familiare!). In questo modo non vengono aumentate le licenze e quindi vengono scongiurate le proteste.
Poiché a Milano il lodo Sala ha funzionato, il romano Gualtieri l’ha adottato con grande entusiasmo e una certa soddisfazione: «Contiamo che si possa avere quasi un raddoppio delle corse aumentando il servizio in punti e orari critici, come di sera nei fine settimana alla stazione Termini. Ci sono luoghi e orari – ha dichiarato – in cui la disponibilità è molto efficiente e altri in cui ci sono criticità. Se arrivassimo al tasso di adesione del 12 per cento, sarà come avere mille nuove licenze a Roma. Non si spalma sull’intero tempo e spazio del servizio, ma soltanto dove c’è necessità e in modo coerente con i picchi di domanda». Se arrivassimo. E anche se partissimo. E vissero tutti felici e in attesa.