ilgiornaledivicenza.it Lavorava come autista a Roma, ma la licenza era stata rilasciata dal Comune di Vicenza, che gliel’aveva revocata. L’autista aveva fatto ricorso a Tar e Consiglio di Stato ma, in entrambi i casi, i giudici hanno dato ragione a palazzo Trissino. È la singolare vicenda che ha riguardato un autista Ncc, C.P.C., la società cooperativa di produzione lavoro a responsabilità limitata W. e il Comune.
La storia
La vicenda è iniziata nell’agosto 2022, quando l’associazione nazionale autonoleggiatori riuniti ha segnalato al Comune una serie di autorizzazioni per noleggio con conducente non conformi. Tra queste, anche quella di C. che avrebbe esercitato la sua attività a Roma. Le norme di settore non consentono di esercitare il noleggio con conducente in un territorio diverso da quello in cui è stata rilasciata l’autorizzazione.
Dopo poco più di un mese e mezzo, gli accertamenti del Comune avevano messo in evidenza come C. non aveva sede operativa e un’autorimessa a Vicenza e, soprattutto, risultava risiedere a Roma. Allo stesso tempo, il Comune ha chiesto a C. chiarimenti e il foglio di servizio con i viaggi dei tre mesi precedenti. A quel punto C., rappresentato dall’avvocato Aldo Basile, ha presentato una memoria difensiva precisando di avere una rimessa in viale San L. …. Quello sarebbe stato anche l’indirizzo della sua sede operativa.
Gli accertamenti
Nessun foglio di servizio è stato fornito, ma ha ribadito di svolgere l’attività nell’area del capoluogo berico, ammettendo di aver svolto un servizio ad hoc a Roma per una quindicina di giorni a settembre. Il Comune non è stato convinto dalle giustificazioni: la rimessa non poteva ospitare l’automobile del conducente e non aveva le autorizzazioni per essere la sua sede operativa. In più, le memorie di C. testimoniavano come avesse lavorato stabilmente a Roma. Quindi, l’autorizzazione è stata revocata. All’inizio del 2023, l’autista ha quindi depositato ricorso al Tar, dove si sono presentati gli avvocati del Comune, Loretta Checchinato e Ferruccio Lembo.
Davanti al Tar
C. e il suo legale hanno impugnato il provvedimento di palazzo Trissino davanti al Tribunale amministrativo regionale contestando in primis che «la decisione sarebbe basata sull’erroneo presupposto che i ricorrenti non siano in possesso di una rimessa idonea nel territorio comunale. Come dimostrato dalle foto, il box di San Lazzaro sarebbe del tutto idoneo a contenere il veicolo. L’autorimessa sarebbe stata idonea anche come sede operativa e in ogni caso l’attività sarebbe stata confermata acquisendo la disponibilità di una seconda autorimessa. Il fatto che la disponibilità di tale seconda autorimessa sia stata acquisita successivamente alla comunicazione di avvio del procedimento sarebbe irrilevante».
La prima sezione del Tar, con l’ordinanza 89 del 23 febbraio 2023, aveva accolto la domanda cautelare e aveva sospeso l’efficacia dei provvedimenti del Comune. Nel luglio scorso, però, i giudici avevano definitivamente respinto il ricorso, condannando C. e W. a rifondere 2 mila euro al Comune.
Consiglio di Stato
C. e i suoi legali hanno quindi proposto un nuovo ricorso al Consiglio di Stato. In questa fase, i giudici hanno rilevato «la mancata integrazione del requisito del fumus boni iuris, considerata l’istruttoria compiuta dal Comune e il duplice contenuto del dispositivo provvedimentale, con il quale l’autorizzazione viene non solo revocata ma anche dichiarata decaduta». Il ricorso è stato respinto.