corriere.it Forse perché Dara Khosrowshahi è nato (54 anni fa) in Iran in una famiglia che ha lasciato tutto per fuggire la rivoluzione degli ayatollah, passando dalla ricchezza in patria alla povertà da rifugiati, lui è sempre molto diretto. A maggior ragione ora, da amministratore delegato di Uber. E lo è anche nel dire ciò che pensa dei decreti sul noleggio auto con conducente in preparazione a Roma.
Uber cresce molto in fretta: per quanto tempo pensa che potrà mantenere il ritmo attuale?
«L’anno scorso abbiamo dimostrato che possiamo continuare a generare una crescita forte e redditizia su scala enorme. Nel 2023, oltre 150 milioni di persone nel mondo hanno usato le app di Uber, mentre più di 6 milioni di persone hanno usato Uber per andare al lavoro premendo un pulsante. E siamo solo all’inizio».
Come si piazza l’Italia per mobilità urbana, tra i Paesi europei?
«Uber ha aiutato gran parte del mondo a progredire, ma alcuni Paesi hanno nostalgia del passato. In Italia, tanti visitatori ormai rinunciano a trovare un passaggio: sono rassegnati a raggiungere le loro destinazioni a piedi, anche in un caldo inimmaginabile. Questa realtà ha fatto notizia in tutto il mondo l’estate scorsa. Purtroppo, per milioni di italiani era già vecchia. Sono abituati al fatto che le loro città sembrino dei parcheggi. Sono abituati a muoversi negli ingorghi. Molti dei loro vicini europei hanno accolto i vantaggi del trasporto on-demand, sia che si tratti di noleggiare un’auto, una bicicletta elettrica o un treno con il telefono. Gli italiani invece sono costretti a vivere in città bloccate».
L’imminente decreto del ministero dei Trasporti sembra prevedere limiti agli Ncc, inclusi quelli nella rete di Uber, sui tempi di prenotazione e l’obbligo di rientro in rimessa. Che impatto si aspetta?
«Difficile crederci, ma sembra che i giorni più bui per chi vuole andare dal punto A al punto B in Italia siano ancora davanti a noi. La scorsa settimana il ministero dei Trasporti ha annunciato l’intenzione di mettere sostanzialmente fuori legge il trasporto a chiamata in Italia, con un decreto che imporrebbe agli Ncc di aspettare un’ora prima di prendere un passeggero, anche se l’autista è a pochi metri. In Europa in media il tempo è di circa cinque minuti. Con questa nuova legge, il tempo obbligatorio di attesa in Italia sarebbe di 60: il 1.100% in più rispetto alle controparti europee. Perché i romani devono aspettare 55 minuti in più rispetto ai parigini o ai madrileni? Non c’è alcuna ragione o logica, è semplicemente un modo di proteggere e placare un piccolo ma rumoroso gruppo di tassisti. Ciò che rende il tutto ancora più assurdo è che Uber e i tassisti collaborano in tutto il mondo, anche in Italia. A livello globale Uber ha aiutato 235 mila tassisti in 33 Paesi a guadagnare oltre 1,6 miliardi di dollari negli ultimi anni. Siamo amici, non nemici».
L’Italia può gestire i picchi del turismo senza una mobilità urbana più liberalizzata?
«La cruda realtà è che si tratta di scegliere tra il riparare un sistema di mobilità a pezzi o placare le persone che gridano più forte. Con l’estate alle porte, questa nuova legge rischia di far sembrare il caos che abbiamo visto nel 2023 una passeggiata nel parco. Al governo italiano dico: volete abbracciare il meglio della tecnologia e contribuire a rendere le vostre città più verdi, più facili e più piacevoli? O avete intenzione di lasciare che una piccola minoranza detti la vita di milioni di cittadini? La scelta è semplice: l’Italia è pronta a progredire o vuole rimanere in un cono d’ombra in Europa?».
Le bozze di decreto, se approvate, costringerebbero Uber a ridurre la trasparenza dei prezzi dei servizi sulla sua app. Che ne dice?
«Il cuore dell’esperienza di Uber consiste nel fornire a conducenti e autisti pagamenti semplice e fluidi, comprese le tariffe note in anticipo. Per i consumatori, significa sapere quanto pagheranno prima di richiedere una corsa. Per gli autisti, significa che possono prendere decisioni informate prima di accettare una corsa. Se questo decreto passasse, l’Italia diventerebbe un’anomalia a livello globale: uno dei pochi Paesi al mondo in cui sia i conducenti che i consumatori non vedono il costo della tariffa in anticipo, peggiorando l’esperienza di tutti senza benefici per nessuno».
I servizi di mobilità come i taxi e Ncc in Italia hanno un fatturato che rimane una frazione dei mercati in Francia o Spagna. Perché?
«Con 60 milioni di abitanti, l’Italia ha un enorme potenziale per diventare uno dei maggiori mercati di Uber nel mondo. I nostri studi dimostrano infatti che il mercato degli Ncc e dei taxi in Italia può diventare un settore da 6 miliardi di euro: quattro volte le dimensioni attuali. Ma dipende da una regolamentazione equa e aperta che avvantaggi la maggioranza delle persone, invece di proteggere una minoranza. Uber vuole aiutare l’Italia a progredire, rendendo la mobilità urbana più verde, sicura e accessibile ai milioni di persone. Ma l’Italia è pronta a entrare nel 21esimo secolo o vuole rimanere bloccata nel passato?».