ilmessaggero.it Ancora una volta tassisti contro il governo, con annessa conferma di un nuovo sciopero: sarà il 21 maggio. Ma tra le associazioni di settore e le cooperative c’è chi si dissocia, prevedendo un possibile flop per la protesta, con poche adesioni come lo scorso ottobre. Stavolta il nodo del contendere sono i decreti attuativi di un dpcm del 2019 sulla riorganizzazione del settore, con tanto di censimento sulle auto bianche presenti in Italia. Lo stesso censimento chiesto dai tassisti ad ottobre, quando il governo ha varato le nuove regole sull’aumento delle licenze nei Comuni.
Lavora ai decreti soprattutto il ministero dei Trasporti (Mit), guidato da Matteo Salvini, assieme a quello delle Imprese del ministro Adolfo Urso. L’obiettivo è provare a chiarire una volta per tutte le differenze tra taxi, Ncc e servizi offerti dalle grandi piattaforme digitali come Uber. E proprio Ncc e Uber, secondo diverse sigle delle auto bianche, sarebbero favoriti dai decreti, con nuove regole che renderebbero la concorrenza schiacciante e farebbero alzare i prezzi per i clienti.
Almeno questo sarebbe stato scritto in alcune bozze dei decreti circolate nei giorni scorsi. Bozze cambiate più volte e che ora, come spiega il ministero dei Trasporti, sono in mano al Garante della Privacy. Senza, polemizzano però le sigle, una condivisione finale.
IL TAVOLO
Per questo ieri alcune decine di sindacalisti, da Usb Taxi, Uiltrasporti e Unica Filt Cgil a Uritaxi e Ugl Taxi, hanno protestato con un sit in sotto il ministero delle Imprese. Urso ha accolto una delegazione e ha condiviso le preoccupazioni legate alla scarsa disponibilità di vetture che svolgono il trasporto pubblico di persone nelle grandi città, soprattutto in vista degli grandi eventi come il Giubileo di Roma nel 2025. Il ministro ha poi escluso che il governo voglia favorire in alcun modo Uber o solo gli Ncc. Lo stesso dicono a Il Messaggero fonti del ministero dei Trasporti, che spiegano come nei giorni scorsi siano state accolte la maggior parte delle osservazioni di tassisti e Ncc, con un «giusto equilibrio». Ad esempio sulle deroghe al foglio digitale di servizio, che ci saranno solo per gli ncc nei piccoli comuni senza taxi.
«L’incontro con Urso – spiegano Claudio Tarlazzi e Marco Verzari della Uiltrasporti – non ha prodotto alcun risultato». Secondo la sigla «il ministro ha scaricato sul Mit le responsabilità sullo stallo dei decreti attuativi dei quali, ad oggi, non è dato conoscere i testi definitivi, e non ha fatto chiarezza sull’incontro che si è tenuto al ministero con il capo globale di Uber lo scorso 24 aprile». Sarebbe stata quella la goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso. «In una delle bozze dei decreti che ho visto – aggiunge Claudio Giudici di Uritaxi – c’è la possibilità di cambiare il nome dell’utente che ricorre all’Ncc fino all’ultimo momento in caso di prenotazione, cosa che farebbe caricare loro chiunque vogliono, mettendo in difficoltà i taxi. Verrebbe poi data alle piattaforme la possibilità di scaricare il costo dell’intermediazione sull’utente: le corse fornite da Uber tra Roma e Fiumicino potrebbero arrivare a costare anche 180 euro».
La Cgil chiede poi al governo di chiarire se gli intermediari web hanno le stesse responsabilità di chi effettua il servizio taxi e di mettere nero su bianco cosa gli succede se una loro corsa non viene effettuata. Insomma, pareggiare le condizioni con i tassisti, prevedendo però per le piattaforme tasse più elevate.
LE CRITICHE
Secondo il Mit il cambiamento del nome dell’utente sarebbe fatto a tutela dei cittadini. Insomma: la prenotazione, per il ministero, potrebbe essere fatta da un committente a favore di un passeggero diverso dall’utente, ad esempio un genitore nei confronti del figlio. Se però il committente che ha prenotato un servizio Ncc vuole cambiare il passeggero «oggettivamente sarebbe difficile negarlo». Mentre sui servizi di intermediazione a libero mercato non si potrebbe impedire a chi li offre di stabilire come vogliono le condizioni contrattuali con gli utenti.
«Un censimento sui taxi – secondo Loreno Bittarelli, presidente dell’Unione Radiotaxi d’Italia – non serve, visto che si sa che i problemi maggiori sono nelle grandi città. In ogni caso alcuni sindacati hanno procurato un danno chiedendo e ottenendo di stralciare dai decreti la distinzione tra piattaforme web fornite dai tassisti per intercettare le richieste dei cittadini e quelle di intermediazione come Uber. Ora la protesta che viene lanciata non rappresenta affatto tutti i lavoratori del settore e rischia seriamente di essere un flop».