“Lavorare di notte è bello”, viaggio nell’altra Milano

Taxi_in_notturnaFarmacisti, tassisti, portieri di notte. Tra Linate e l’Ortomercato, tutti hanno storie da raccontare, e anni passati nel mondo notturno. Dove le regole e le persone sono diverse, e così anche la solidarietà e la violenza. Qui gli intrusi sono quelli che vanno a ballare, e il giorno che arriva è l’inizio della fine.

Il tour della Milano che lavora di notte comincia al supermercato Carrefour di piazza principessa Clotilde, aperto 24 ore su 24, sette giorni su sette. La gente è poca, e i gestori sono due. Niente cassiere o cassieri. Il più timido non parla. L’altro, invece, sembra non aspettare altro: «Lavorare di notte? L’ho scelto io. Me lo hanno chiesto, e io ho accettato». Per lui è un trampolino per la carriera. «Lavoro nel settore da dieci anni, ma voglio crescere. Sono partito dalla gastronomia, e ho girato tutto. Questo è un settore di responsabilità». Ma la verità è anche che «di notte il lavoro è più tranquillo, i clienti sono pochi e questo mi piace: il rapporto con il cliente, alla lunga non lo sopporto», sorride.

Lavorare di notte è diverso. Non è una questione di orari, o di luce. La notte è un’altra città, ha regole e ritmi suoi. Più tenui, ma solo all’apparenza. È «più tranquillo», come dice il farmacista all’angolo di piazza Clotilde, e come ripetono anche gli operatori dell’Amsa. «Ci sono alcuni sbandati, certo». Gli ubriachi della movida, ma anche soltanto balordi che sembrano vivere solo di notte. Arrivano di fronte al Carrefour, biascicano parole con le guardie, e mimano gesti incomprensibili. «Sono anche simpatici», commenta uno della security del supermercato. «Ma vengono sempre qui». Si lamenta. «Il problema è che non puoi menarli», si lamenta.

Però è tranquillo. Il titolare della farmacia, che da sei anni fa turni notturni, non ha dubbi. «Di notte, d’inverno, entrano i barboni all’improvviso, e non vogliono più uscire». Non sono pericolosi, «ma io temo sempre il pazzo». Le rapine, «quelle no, quelle non sono un problema. Entrano e rubano. Sono le persone che non riesco a prevedere, che temo di più». Poi, ci sono prostitute, che comprano preservativi e medicinali, e altri che si riforniscono di farmaci per l’automedicazione. «Credo che ci taglino la droga». Ma la notte è un’altra cosa, «sono clienti come tutti». Il lavoro è solitario, e chi vive di notte è solidale. Si riconoscono, tra loro, come se avessero in comune un’abitudine che li renda diversi da tutta la gente che vive di giorno. Conoscere la notte ti cambia.

«Ormai i nostri ritmi sono tutti diversi. Andiamo a dormire alle otto, ci alziamo per le due del pomeriggio», spiegano i dipendenti dell’Amsa. I loro mezzi percorrono le strade e le puliscono, svuotano i cestini, disintossicano la città mentre dorme. Lavorano di notte da anni. Chi dieci, chi dodici. Mai avuto problemi? «Alcuni ragazzi ubriachi. Era il giorno della vittoria dell’Inter alla Champions», racconta uno di loro. «Volevano un passaggio con il mezzo pulitore. Io gli dicevo di no, e si sono arrabbiati. Uno mi ha tirato un pugno al collo, e mi hanno spaccato il vetro». Pericoloso. «Sì, ma io ne ho lasciato a terra uno», sorride, mostrando il pugno, «rompendomi la mano». Altre regole, quelle della notte. Chi passa la notte a festeggiare, non le capisce. «Noi aspettiamo che finiscano e se ne vadano, per pulire». Altrimenti, «ci tirano contro le bottiglie, fanno di tutto». Finisce il quarto d’ora di pausa, e ritornano sul mezzo, a pulire le strade. «Ma niente foto, che di questi tempi, poi sa i capi non capiscono».

Ogni parte della città diventa un suo mondo. La Stazione centrale è deserta e chiusa, una guardia della sicurezza sorveglia l’androne tenendo chiuse le porte: fuori in tanti dormono sul marciapierde. Il viavai dei tassisti è moderato. C’è chi guarda un film, o chiacchiera con il collega. «Se lavoro di notte è perché anche mia moglie lo fa. In questo modo siamo coordinati», spiega uno di loro. «Si lavora meno, perché ci sono meno viaggi da fare. Ma in un quarto d’ora si può attraversare tutta la città». I ritmi sono tenui, «Ma la sicurezza è poca. Rapine? Ce ne sono tante. Ancora di più scappano senza pagare. E poi devi prendere di tutto. Prostitute, travestiti, e ragazzi che escono dai locali». Quelli sono un vero pericolo: «cosa faccio se vomitano in macchina? La mia nottata di lavoro si chiude. Tempo buttato via». Si capisce che chi lavora di notte non apprezza chi la passa a divertirsi. Sono visti come intrusi, perché dilatano i ritmi e le regole del giorno.

Invece, lavorare di notte significa concedersi uno stile diverso. Persone diverse, a volte bizzarre, e fatti su cui è meglio essere discreti: «Qui nella reception la notte è molto noiosa», racconta il portiere di notte di un hotel di via Torriani. Sono alberghi che circondano la stazione, luoghi di passaggio e di incontro di gente strana. Ma è una posa: le cose succedono, tanto che lui sta «scrivendo un libro di aneddoti». E sono cose non da poco. Arresti di spacciatori colombiani, orge «organizzate non si sa come, in cui la gente pagava le camere, ma non prendeva le chiavi», perché si ritrovavano tutti nella stessa camera.

E se non è il tempo del peccato, è il tempo dell’osservazione. Chi non può dormire, guarda. «Ho visto Milano passare di qui, nei miei vent’anni di edicolante», spiega Walter, nella sua edicola della Bovisa. «E Milano è cambiata. Sono cambiati i clienti. Le persone. Le cose che fanno». In sostanza, l’edicola va male, («sono tempi durissimi») i giornali vendono poco, e anche i film hard. Passano in pochi, pochissimi si fermano a parlare. «Gli altri sono stranieri, e comprano solo ricariche del telefono». Nell’Edicolaccia, tra Paolo Sarpi e viale Ceresio l’umore è migliore, perché il settore del porno va ancora bene. «Vogliono cose di qualità, che Internet non può ancora dare», ridacchia il titolare. Racconta anche aneddoti divertenti, dal signore elegantissimo che cerca di rubacchiare cd infilandoseli nei pantaloni, al disturbato che si infila in bocca il fallo di gomma in vendita. Ma poi torna cupo. «Lavorare di notte non mi pesa. Mi pesa Milano, com’è cambiata. Ho 56 anni, ma non tornerei ventenne con la mentalità di adesso». Ora «si pensa solo alla bottiglia e alla droga». Ai suoi tempi, «c’era altro». E ancora, lo sguardo è eloquente, verso la sua mercanzia. Ma è l’Edicolaccia, stupirsene sarebbe blasfemo.

Invece, Efisio ha visto passare al suo baracchino per panini in viale Sempione clienti speciali. Passare e andare via. Sembra un chiosco comune e simile a tanti, che si trovano aperti fino a tardissimo (o prestissimo, perché i confini della notte sono incerti) nelle strade di Milano, ma è solo apparenza. Da lui ci andavano pezzi grossi, politici. Si racconta che nelle notti si ritrovano a mangiare panini e discutere strategie i capoccia del Pdl. «Conosco Maullu, perché è sardo come me», spiega Efisio e forse è questo il trait-d’union. Ma non solo. «Ho incontrato anche altre persone, come Lupi,». E poi «Ho conosciuto la Moratti, che mi ha dato questa targa», e la mostra orgoglioso, «l’anno scorso, come premio». «E prima ancora, il sindaco Albertini», che ha festeggiato lì la sua doppia elezione. Efisio è al centro di strade di potere. «Da questa parte c’è la Rai», indica. «Di là, la Guardia di Finanza». Poi, «c’era anche il locale di Vasco». E sotto le sue tende, si ritrovano (o ritrovavano) i vertici Pdl «Sono passati tutti di qua, da Efisio», sorride, con la testa all’insù, orecchino e sguardo furbo. Li ha visti passare e scomparire. Come dice il suo aiutante, «noi siamo ancora qua». Eh già.

Solo all’Ortomercato la notte diventa caotica, rumorosa come una mattinata. Qui non c’è il silenzio della città, o la calma spettrale di Linate, dove tutto è chiuso e si aggirano solo passeggeri e barboni. Nella confusione, casse di ortaggi e frutta vengono trasportati, depositati, scaricati e affastellati, pesati, separati, sollevati, divisi, assommati. Una ressa fatta di muraglie di pomodori, che si affiancano a torri di zucche e albicocche. I fornitori sono arrivati, gli intermediari sfrecciano su biciclette e muletti velocissimi. «Il lavoro comincia alle quattro di notte, ma per i camion che vengono più da lontano, come la Sicilia, anche alle tre». La grande ressa, però, «si crea solo alle cinque». I mercanti e i venditori all’ingrosso si incontrano, gridano, trattano su prezzi e qualità. Alcuni litigano, ma si conoscono tutti. Insieme, ci sono i tuttofare, giovani stranieri, perlopiù abusivi, che trasportano casse e cose per conto di altri. «Entrano di nascosto, verso le quattro, e cominciano subito a lavorare». Fermarli è impossibile, il rischio piuttosto è di venire investiti. Cercano di gestire più trasportatori, che li pagano a seconda di quanto riescono a spostare. Si può arrivare anche a più di cento euro al giorno. «Il loro lavoro dura quattro ore. Alle otto hanno finito il grosso». Il viaggio, ormai, è al termine della notte, e le prime luci dell’alba si affacciano sul caotico va e vieni di camion e muletti, sulle grida di prezzi e discussioni.

La quiete di una Milano che ancora sonnecchia, è sempre più illuminata. Nelle vie centrali, l’inizio del giorno accompagna la chiusura delle farmacie e il riposo degli spazzini. Il buio scompare, cambiano le regole, ritorna la normalità e la folla. I primi sono pendolari e pensionati con animali. La luce ritorna sulla frutta e sulla verdura, che viene esposta nei mercati e nei negozi. Un altro giorno è arrivato, con le sue norme e i suoi divieti. Mentre la notte, e chi ci lavora, lascia il passo.

fonte:  m.linkiesta.it/lavori-notte-milano 28/09/2012 “Lavorare di notte è bello”, viaggio nell’altra Milano Alessandro Da Rold Dario Ronzoni

2 commenti

  1. nn commento l’utenza notturna,sarei troppo offensivo,faccio la notte x un solo motivo:
    riesco a stare qualche ora di giorno,tutti i giorni, con mio figlio (il piccolo)altrimenti lo vedrei solo quando son di festa.

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