Uberpop, il contratto della discordia

uber_sbaccia_nella_milano_corrotta_FOTOGRAMMAmilano.corriere.it Sull’homepage del sito Internet di Uber – la app che sfida le leggi sul trasporto – c’è ancora l’ordinanza del Tribunale di Milano che vieta alla app di proporre il servizio Uberpop sul territorio italiano. Tuttavia, subito sotto, è rimasta in bella evidenza la richiesta ai cittadini, anche privi di licenza, di diventare driver, vale a dire proprio quegli autisti considerati abusivi dal giudice e dalle istituzioni locali e nazionali. Ma come funzionava il contratto di lavoro tra app e driver Pop ? IlCorriere è riuscito a procurarsi una copia del documento.

Ecco le premesse del contratto di lavoro: «Raisier non fornisce servizi di trasporto né è un vettore di trasporto»; «Raisier svolge l’attività di fornire generazione di contatti»; «Lei è un fornitore di trasporti indipendente che offre servizi di rideshare e trasportoP2p » (peer to peer , da cliente a cliente). Dove «Raisier» è Raisier operations bv , una srl olandese che si occupa esclusivamente di stipulare contratti con i driver, e dove «Lei» è invece l’autista, «un appaltatore indipendente» che opera «con una patente di guida valida e tutte le licenze, autorizzazioni e altri prerequisiti legali per svolgere i servizi di rideshare o trasporto P2p come richiesto dagli Stati in cui opera», vale a dire quei requisiti necessari esclusi in pubblico dai dirigenti e dalle pubblicità di Uber ma invece scritti nero su bianco dai loro avvocati. Il che significa, di fatto, che è il driver a rispondere in proprio, e mai la società. Né Raisier né le sue case madri, le olandesi Uber international holding bv e la capostipite Uber international bv . «A Uber servono cinque società (di cui quattro straniere) per fare ciò per cui in Italia basta un imprenditore artigiano con licenza» accusano infatti i tassisti.

L’assenza di responsabilità per Raisier è dimostrata da alcuni passaggi espliciti del contratto: «Lei (il driver) sarà responsabile di soddisfare i requisiti di tutte le normative prescritte dalla legge ora o in futuro» o «Lei sarà responsabile nei confronti del cliente per tutte le richieste di danni e/o lesioni». Altrettanto esplicite le condizioni assicurative. «Lei riconosce che è sua responsabilità (…): A) informare il suo assicuratore del servizio di trasporto P2p offerto; e B) assicurare che la sua polizza assicurativa offra copertura per il trasporto P2p offerto»; e «se ha domande o dubbi sull’ambito di applicazione o l’applicabilità della sua copertura assicurativa, è sua responsabilità, e non della Società, risolverli».

Si chiede così al singolo autista di architettare polizze ad hoc per una fattispecie «trasporto P2p» di difficile interpretazione dato che non si tratta né di taxi né di Ncc – unici soggetti che in Italia possono pretendere un corrispettivo («una controprestazione adeguata» come scritto nel contratto di Uber) – né di car pooling . «Ma Uber fornisce anche una copertura collettiva non citata nell’accordo» precisano i Pop .

Insomma, un contratto dove la figura del fornitore si mischia a quelle dell’appaltatore e del consumatore che fa sorgere un quesito: cosa potrebbe succedere se, come negli Usa, i driver Pop rimasti a piedi, ora, facessero una class action?

di Giacomo Valtolina

4 commenti

  1. Lo ripeto, la ciccia c’è. Driver pop delusi, unitevi, bussate allo studio Giustiniani e cominciate una bella class action. Anche perché, in perfetto stile giudiziario Italiano, prevedo che da qui in avanti i guai per U… pioveranno addosso a cascata. Si è aperto il vaso di Pandora.

  2. Ma va? Che sorpresa!! Chi se lo aspettava? Bastava che l’articolista, DUE ANNI FA, parlasse con un qualsiasi tassista ma tant’è…

  3. Ma i cosidetti ” driver ” sanno o sapevano leggere? perche’ la domanda sorge spontanea: COME SI FA AD ACCETTARE E FIRMARE UN SIMILE CONTRATTO? In ogni riga sta scritto palesemente o comunque sottointeso: ” in ogni caso sono e saranno sempre soltanto caxxi tuoi “. Poi una volta beccati dicono che loro non sapevano dei rischi che correvano.

  4. Il guaio e’ che hanno trovato dei giudici di pace che ci hanno creduto. Meglio il tribunale di forum su canale cinque di certi g d p

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