lanuovaferrara.gelocal.it A Ferrara non c’è Uber, il servizio di trasporto che mette direttamente in contatto autisti e clienti, perché è nelle grandi aree urbane come Milano, Roma, Padova, Firenze e Genova che ha trovato terra fertile il modello importato dagli Usa. Ma qui, il 24 e 25 maggio, dopo il festival della Sharing economy, si svolge il primo approfondimento critico sul fenomeno che a livello mondiale già fornisce un impiego part-time a un milione di automobilisti-autisti.
«Uber non è sharing economy, non è Blablacar per capirci, e comunque pure la “vera” sharing economy che vuole autoregolarsi attraverso il filtro dei sistemi reputazionali, ha invece bisogno di regole, e quindi va studiata da parte dei giuristi – è l’introduzione di Alessandro Somma, giurista di Unife – Abbiamo scelto Uber per un approfondimento che parte dal confronto con il lavoro dei taxi, che funziona allo stesso modo a Ferrara come nelle metropoli».
I tassisti, sottolineano gli organizzatori della due giorni, svolgono un servizio pubblico, sono obbligati a garantire il trasporto nell’arco delle 24 ore e non possono rifiutare il cliente, a differenza degli autisti di Uber, «che spesso vìola il monopolio di carico degli utenti su strada riconosciuto ai tassisti appunto in virtù del servizio pubblico da loro svolto» sottolinea Somma.
Uber costa molto meno e riempie vuoti lasciati dai tassisti? Il giurista non è d’accordo, «le loro tariffe non sono così diverse soprattutto nelle ore di punta, e il prezzo da pagare è la distruzione di un sistema con i suoi posti di lavoro. Gli autisti sono infatti lavoratori malpagati che devono produrre solo fedina penale pulita e una patente con almeno 10 punti. E il 20% della tariffa la trattiene la piattaforma, come intermediazione». Uber pop, l’applicazione concorrenziale con i taxi, è stata peraltro bloccata dai tribunali, «e già si stava passando alla terza fase, quella del car sharing, che sarebbe il colpo definitivo» sottolinea Davide Bergamini, presidente del Consorzio taxisti ferraresi. In città le licenze sono 54, una sola fuori dal consorzio, la corsa unica costa 7 euro (2 chilometri e 5 minuti), più 1,20 euro per chilometro urbano in più, che diventano 1,50 per l’extraurbano. «Abbiamo visto calare molto il lavoro con l’abbattimento da 18 a 3 le fermate dell’alta velocità ferroviaria, e con lo spostamento dell’ospedale a Cona» dice Bergamini.
Proprio i collegamenti con il Sant’Anna sono il punto dolente degli utenti: la corsa da piazza Savonarola parte da 16 euro, dalla stazione sono almeno 18 euro. Tanti, ammettono gli stessi tassisti, «abbiamo intavolato ragionamenti con il Comune ma non siamo riusciti a cambiare in maniera significativa questa situazione. I buoni taxi – racconta Bergamini – sono stati tagliati tantissimo negli anni, noi usiamo i buoni prepagati che ogni 10 corsa ne riconosce una gratuita. Posso dire che non mi risultano esigenze di mobilità continuativa di soggetti deboli, come dializzati. E anche durante gli scioperi, chi ha bisogno di viaggiare viene caricato». A Ferrara una licenza costa 110-120mila euro e qualcuna in vendita c’è, anche se la minaccia di Uber rischia d’incidere. Da poco è stata tra l’altro introdotta l’app It Taxi.
Somma tra l’altro suona l’allarme in vista di possibili modifiche normative a livello nazionale, «il rischio è l’introduzione di una terza tipologia di servizio, nè auto con conducente nè taxi». Di questo e di altro si discuterà il 24 e 25 maggio a Giurisprudenza con giuristi della Bocconi e dell’università di Palermo, Organizzazione internazionale del lavoro e Claudio Giudici (Uritaxi).
Stefano Ciervo