L’ ultima corsa

Di Sergio Montagnini

(pubblichiamo questo racconto, tratto da "Il Pappagallo" del 1997. E’ sicuramente il racconto più triste scritto da Sergio, uomo molto vivace solitamente abituato a sdrammatizzare, restio ad affliggersi. Non è escluso che si tratti di un fatto realmente accaduto ad un amico e/o collega. Se così fosse non ne avremo mai conferma: Sergio Montagnini, prolifico papà del "Frollocone", ormai è in pensione da tantissimi anni e – come è normale che sia – non dedica più il suo tempo libero al mondo taxi.)

  

Moglie: Santo cielo che brutta faccia hai stamani!
Amilcare: Spiacente moglie ho solo questa, sarà che stanotte non ho dormito bene.
M.: Sì, lo so, ti lamentavi, ma perchè non stai ancora un pò a letto? Ti sei alzato più presto del solito…
A.: Beh… sai ho il Vittorino…
M: Madonna Santa e vai fino a San Remo? Non puoi passarla a qualche collega?
A.: Donna, è l’unico cliente nella mia vita da tassista, sono dieci anni che in questa stagione lo porto a San Remo e dopo venti giorni lo vado a riprendere, crollasse il mondo non ci rinuncio, piuttosto solo caffè, non ho voglia di far colazione e… smettila di brontolare.
M.: Io non ho detto niente.
A.: Con la bocca no, ma ti sento lo stesso il pensiero.
M.: Beh, Amilcare, ciò vuol dire che ci conosciamo bene noi due.
Ciò detto, gli si avvicinò e gli fece una carezza che Amilcare non respinse con il solito grugnito. Ingoiato il caffè si avviò verso la porta, uscitone prese a scendere le scale, fatti pochi gradini si fermò e, volgendosi a guardar la moglie, la fissò profondamente e mormorò un: "Ritorno sai, stasera sono a casa, come al solito."
E, senza attendere risposta, riprese i.suoi pensieri.
…Dio come è invecchiata l’ Ada, è come se la vedessi per la prima volta dopo vent’anni, e… da quanto tempo non facciamo più l’amore, aspetta l’ultima volta è stato …boh! Chi se lo ricorda più…
Giunse puntuale e trovò il Vittorino già sul posto: era questi un arzillo ottuagenario che tediava, per tutto il viaggio, il povero Amilcare con le sue mirabolanti conquiste femminili; all’andata si spaziava nel corso di una vita, al ritorno sulle ultime rigorosamente in ordine cronologico; a parte questo il Vittorino era simpatico, pagava generosamente e non rompeva più di tanto.
All’autogrill l’Amilcare insistette per pagare e si concesse un doppio caffè. L’effetto fu immediato, gli passò quella fastidiosa sensazione di stanchezza, e riprese il viaggio.
Tutto filò liscio, depositato il Vittorino alla consueta pensioncina e presi gli accordi per il ritorno, l’Amilcare intraprese il viaggio verso casa.
Fu nuovamente assalito da spossatezza, da un malessere generale indefinito, si sentiva impacciato,pesante e goffo come un orso.
Dopo aver ricevuto innumerevoli strombazzate gettò un’occhiata al tachimetro, stava marciando a 60 Km all’ora!
A metà strada accese le luci.
…Strano, è ancora presto, guarda te che buio…
Fu all’uscita di una galleria che si rese conto che tutti gli altri spegnevano i fari.
…Bah, sarà il caso di controllare la vista…
Infine con gran fatica giunse in vista della tangenziale.
…Dai Amilcare che sei arrivato, Dio ma è notte fonda, dovrei telefonare all’Ada, ma no dieci minuti e sono a casa, una sana dormita e tutto a posto…
Si fermò sulla corsia di emergenza e spense il motore, si sentiva scombussolato, incapace di proseguire.


…Ma cosa mi sta succedendo, oh Dio! Le luci delle macchine sono tutte rosse, rosse!
Per forza i fanalini sono rossi, oh Cristo ma…
sono rossi anche i fari delle auto dall’altra parte, rossi!rossi! rossi!

Sta buono Amilcare! Sta buono che non è niente… non è NIENTEEEE! ! ! !



Sentì uno schianto nel petto, un boato nel cervello e… per Amilcare fu il niente, totale, assoluto, eterno.

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