Ma chi erano i Martinitt?

Tutti noi abbiamo sentito nominare i Martinitt e anche le Stelline che poi non erano altro che i bambini e le bambine orfani a cui all’incirca nel ‘500 i milanesi diedero ospitalità creando gli orfanotrofi.   Pochi sanno però che durante la prima guerra d’Indipendenza Italiana…

dal sito ilgiorno.ilsole24ore.com

«AL SINGOLARE era il martininn, perché il primo istituto degli orfani era nell’oratorio di San Martino, oggi in via Manzoni. Al plurale erano i martinitt. L’idea di utilizzarli come portaordini e messaggeri nelle Cinque Giornate venne a Enrico Cernuschi, un giovanotto di buona famiglia che la mattina del 18 marzo 1848 lanciò il grido “Al Palazzo del Governo!”. Erano piccoli, agili, e soprattutto orfani o trovatelli a cui nessuno avrebbe proibito di fare i messaggeri e che nessuno sarebbe andato a reclamare». Lo dice Daniela Morelli, che ai martinitt ha dedicato un romanzo, «I ragazzi delle barricate», edito da Mondadori. I bombardamenti non hanno risparmiato il collegio dei martinitt in Borgo della Stella, oggi via Corridoni. Il chiostro del convento, sopravvissuto insieme con la chiesa di San Pietro in Gessate, è incastonato nel grande edificio che ospita il Centro Congressi della Provincia e il liceo Leonardo da Vinci. Vederlo? Fotografarlo? Impossibile. Non è stata chiesta l’autorizzazione, non è stato fissato un appuntamento («Forma e sostanza coincidono», sentenzia aristotelicamente la preside), ci sono privacy da rispettare e minori da salvaguardare. Un gruppetto di studenti staziona all’ingresso. Tutti conoscono le Cinque Giornate, uno solo ha notizia dei suoi coetanei che nel 1848 saltabeccavano di barricata in barricata con la divisa dei martinitt.
«LA MATTINA DEL 18 MARZO – rievoca la scrittrice Marta Boneschi – le campane di tutte le chiese suonavano a martello. Il corteo dei non ancora insorti puntava dal Broletto verso il palazzo del Governo. Il governatore austriaco Spaur aveva pensato bene di involarsi e il suo vice O’Donnell aveva firmato il decreto che autorizzava la formazione di una guardia civica, stabiliva il passaggo del governo al Municipio, imponeva la restituzione delle armi della polizia alla municipalità». In corso Monforte, all’incrocio con via San Damiano, la prima barricata. La gente imboccò Corsia dei Servi (corso Vittorio Emanuele), ma trovò i soldati austriaci schierati e si portò in Contrada del Monte Napoleone (via Monte Napoleone). Un’altra barricata all’incrocio di Monte Napoleone con via Manzoni, che nella prima parte si chiamava Corsia del Giardino e nell’altra Corso di Porta Nuova. Nuova fermata. Palazzo Vidiserti offrì un rifugio. E’ al 21 di Montenapo. Alloggi privati, studi professionali, uno studio legale, un broker, una spa. Un cartello «affittasi», 100 metri quadrati uso ufficio. Al numero 23 la casa di Carlo Cattaneo accoglie il consolato di Panama, un’agenzia di viaggi, uno show room.
IN CASO DI ACCERCHIAMENTO Palazzo Vidiserti si sarebbe potuto rivelare una trappola. Cattaneo e l’onnipresente Cernuschi decisero di trasferire il comando nella paralllea via Bigli, nel palazzo del conte Taverna. In via Bigli aleggiano spiriti magni, Manzoni, Einstein, Montale. Li conosce, li cita con sicurezza, il giovane, elegante negoziante, salvo rabbuiarsi quando gli si parla di Palazzo Taverna (civico 9 con lapide), di Cattaneo, Casati, Cernuschi.
Bianchi e neri al posto dei tricolori di bandiere e coccarde: in via Manzoni c’è Armani al posto della casa dei nobili De Cristoforis, sette figli orfani di padre, mamma Adelaide fondeva il piombo nelle cucine per farne munizioni. Il Broletto. La sera del 19 marzo Radetzky spedì i suoi ad assaltarlo. Le giubbe bianche trovarono solo donne e ragazzi.
Piazza Cinque Giornate. A Porta Tosa l’ultima battaglia e il nuovo battesimo: Porta Vittoria. Un gazebo elettorale. Taxi in attesa. Gennaro è un tassista di lungo corso: «La gente di Milano ha fretta, troppa fretta. Entra, si siede, si attacca al cellulare. Solo gli anziani hanno voglia di ricordare la storia. Una volta succedeva più spesso. Oggi molto meno».

 

Un commento

  1. errata corrige
    al plurale : martinitt, con 2 T
    al singolare : martinin, con 1 N

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